giovedì 3 novembre 2011

Aspettando un nuovo profeta

Dall'incazzatura di Aubrey scaturiscono queste considerazioni.
Al momento, per quanto riguarda la questione israeliana e palestinese, stiamo assistendo a una sorta di tregua (spero costruttiva), a parte qualche screzio relativamente di tono minore rispetto ad altri più gravi e temibili accaduti in passato. Dunque, approfittando di questa "calma" apparente, cerco di formulare meglio un'idea che mi è balenata alla mente alcuni giorni fa pensando alla diaspora.
Premessa: ho molto a cuore l'ebraismo, non certo da un punto di vista religioso, quanto esistenziale. Quindi non alberga in me alcun pericoloso germe antisemita.
Svolgimento: nonostante il Dio ebraico sia un vecchio permaloso ed egoista, dobbiamo agli ebrei il salto evolutivo dal politeismo al monoteismo (si accettano correzioni). Certo, il Rasoio di Occam poteva compiere un ulteriore taglio e, sicuramente, ora staremmo tutti meglio. Ma comunque. Per varie ragioni, soprattutto legate alle guerre di invasione, gli ebrei si sono dispersi in tutta Europa prima e soprattutto in America poi. Sappiamo anche che, a un certo punto del Novecento, alcuni di loro nutrirono l'urgenza di ritornare a casa, nella loro patria perduta. Dopo varie peripezie e sei milioni di morti massacrati dai nazi-fascisti, varie guerre d'indipendenza e di difesa del territorio, invasioni a loro volta di territori arabi, siamo all'oggi, con Israele nazione infilata come una supposta in un contesto arabo che la odia a più non posso.

So che non c'è bisogno di mettere in moto la storia. Essa marcia da sola, per inerzia, autonomamente, con un carburante tutto suo, le più volte fatto di sangue umano. Ma adesso, a bocce ferme, a sangue chiuso nelle vene degli abitanti della terra (si fa per dire), non sarebbe possibile pensare qualcosa che facesse compiere un salto di qualità alla storia dell'umanità, al nostro essere qui, transitori e incerti, in attesa di chiudere bottega e amen? E pensavo agli ebrei, appunto, perché storicamente molti di loro hanno vocazione pioneristica, fondano religioni facilmente, filosofie, dottrine, arte e splendida letteratura. Insomma loro, che nel Novecento risentirono il bisogno di patria e dettero vita al sionismo per ritornare a casa e chiudersi in un giardino strappato con forza e lavoro al deserto; vorrei chiedere loro, ai più illuminati, ai nuovi pioneri del pensiero ebraico di allontanarsi dal loro nido e disperdersi per sciogliere i nodi che legano l'umano alle radici di una terra che non ha più senso abbia tanti nomi, e trovi la sua unità. Voglio dire: l'ebreo errante, novello Don Chisciotte, che strappa dal suo passaporto la stella di David e la sostituisce con la forma quasi sferica della terra fotografata da un satellite: fotografata dappertutto, sviluppata come in un planisfero, dove si vedano tutte le terre emerse e i nomi dei confini non esistano. Già, lo sapete bene che dall'alto non si notano linee di demarcazione e le bandiere sono solo quelle delle perturbazioni. Gli ebrei, spiritualmente, sono i soli che possono intraprendere questo cammino, questa nuova e più cogente traversata del deserto. Perché ho l'illusione che gli ebrei operino nel disincanto, nella consapevolezza che nessun idolo vale il volto di un essere umano. Allora resto in attesa di un nuovo profeta – anche se, in realtà, non ce ne sarebbe bisogno, basterebbe citare qualche versetto, basterebbe rileggere alcuni dei più indimenticabili interpreti.

«I giorni si somigliano tutti, e non è facile contarli. Da non so quanti giorni facciamo la spola, a coppie, dalla ferrovia al magazzino: un centinaio di metri di suolo in disgelo. Avanti sotto il carico, indietro colle braccia pendenti lungo i fianchi, senza parlare.
Intorno, tutto ci è nemico. Sopra di noi, si rincorrono le nuvole maligne, per separarci dal sole; da ogni parte ci stringe lo squallore del ferro in travaglio. I suoi confini non li abbiamo mai visti, ma sentiamo, tutto intorno, la presenza cattiva del filo spinato che ci segrega dal mondo. E sulle impalcature, sui treni in manovra, nelle strade, negli scavi, negli uffici, uomini e uomini, schiavi e padroni, i padroni schiavi essi stessi; la paura muove gli uni e l'odio gli altri, ogni altra forza tace. Tutti ci sono nemici o rivali.
No, in verità, in questo mio compagno di oggi, aggiogato oggi con me sotto lo stesso carico, non sento un nemico né un rivale». Primo Levi, Se questo è un uomo.

«Il povero, lo straniero si presenta come eguale. […] La sua uguaglianza in questa povertà essenziale consiste nel riferirsi al terzo, così presente all’incontro e che, nella sua miseria, è già servito da Altri.[…] Egli si unisce a me. […] Ogni relazione sociale, al pari di una derivata, risale alla presentazione dell’Altro al Medesimo, senza nessuna mediazione di immagini o di segni, ma grazie alla sola espressione del volto. […] Il fatto che tutti gli uomini siano fratelli non è spiegato dalla loro somiglianza, né da una causa comune di cui sarebbero l’effetto come succede per le medaglie che rinviano allo stesso conio che le ha battute. […] La paternità non si riconduce ad una causalità cui gli individui parteciperebbero misteriosamente e che determinerebbe, in base ad un effetto non meno misterioso, un fenomeno di solidarietà.[…] Il fatto originario della fraternità è costituito dalla mia responsabilità di fronte ad un volto che mi guarda come assolutamente estraneo, e l’epifania del volto coincide con questi due momenti. O l’uguaglianza si produce là dove l’Altro comanda il Medesimo e gli si rivela nella responsabilità; o l’uguaglianza non è che un’idea astratta e una parola.»
E. Lévinas, Totalità e infinito, trad. di A. dell’Asta, Jaca Book, Milano, 1980, p. 217-219

5 commenti:

bag ha detto...

faccio il pignolo: ci sono altre religioni "monoteiste" tanto quanto quella ebraica più antiche o coeve.

bisogna spiegare: quando gli ebrei parlano di dio, lo fanno al plurale. dicono elohim. la religione ebraica monoteista è il prodotto, appunto, di una semplificazione da un pantheon politeista. tale e quale al procedimento che in babilonia è passato dal pantheon sumero alla venerazione di marduk. o quella che in egitto ha portato durante il regno di amenofi IV al culto del solo ra.

per non parlare della complessa situazione indiana. si sa che hanno una quantità smisurata di divinità, ma in pratica sopra a tutti c'è il brahman, la divinità unica e indistinta, oltre che astratta (quindi non è un dio-persona, e se intendi questo allora non sono monoteisti in alcun modo). comunque la divinità unica brahman è già codificata nei testi più antichi, che sono più antichi dei testi più antichi ebraici.

il passaggio al monoteismo per dirla in breve è successo molte volte nella storia dell'umanità. e c'è chi sostiene (adesso non ricordo il nome) che i primitivi avessero un solo dio. d'altronde è abbastanza ragionevole: sei un piccolo gruppo/famiglia, hai un solo nume tutelare. non serve a niente averne tanti. poi quando ti unisci ad altre famiglie e formi i clan e i villaggi, allora tutti i numi vengono parificati, non se ne butta via nessuno perché altrimenti non andiamo d'accordo, se teniamo solo il tuo dio e il mio no, chi me lo fa fare? così, ipotizzo (un po' a muzzo) nasce il politeismo.

sto pensando per il prossimo tatuaggio a una frase di natan zach scritta direttamente in alfabeto ebraico, sul lato dell'avambraccio (lo dico solo perché questa coincidenza dell'ebraismo, e allora volevo renderti partecipe, visto che sei pure poeta, e allora un poeta nato in germania, da madre italiana, che vive e scrive a tel aviv, in ebraico, boh, era per dire)

(se poi ci hai curiosità, c'è persino chi sostiene che la prima religione monoteista è l'islam http://sonsofsunnah.com/2011/04/02/was-zoroastrianism-the-first-monotheistic-religion/)

Luca Massaro ha detto...

Mi pasco della tua pignoleria.
Dato che voglia-tempo impediscono una migliore mia documentazione.
Comunque il mio riferimento all'ebraismo come "evoluzione" religiosa rispetto alle precedenti e coeve, era data dal fatto che il Dio ebreo non richiede sacrifici umani e prende spesso - ma non sempre - le parti delle vittime.

Curioso, domando traduzione della frase in ebraico che, forse, ti tatuerai.

bag ha detto...

beh il dio degli ebrei manda l'angelo della morte a sterminare gli egizi e i loro primogeniti, chiede il sacrificio di isacco (anche se poi lo ferma, ma vuole sapere che il suo popolo è disposto anche a sacrificare i propri figli), ecc ecc. non è meno sanguinario dei suoi contemporanei.

addirittura in esodo 13:2 chiede che gli vengano sacrificati tutti i primogeniti, sia umani sia bestie, perché appartengono a lui. e dice poi che il genitore può pagare un prezzo in denaro, in modo da evitare di dare il proprio primogenito al sacerdote per il sacrificio.

Poi Giudici 11,29-40; 1Re 13:1-2.

In Esodo 8, dove si parla delle piaghe d'Egitto, gli israeliti chiedono di poter andare nel deserto a compiere i loro sacrifici rituali, con queste parole: "Non è opportuno far così perché quello che noi sacrifichiamo al Signore, nostro Dio, è abominio per gli Egiziani.".
Cosa ci può essere di più abominevole del sacrificio umano? (li facevano anche gli egizi, ma in epoche molto remote, massimo prima dinastia, poi hanno smesso, e al tempo in cui tengono "prigionieri" gli israeliti non li fanno più)(e si facevano anche tra i sumeri, quindi era una costante dell'area).

Esodo 22,19 (se rimani politeista ti mettono su un altare e ti sgozzano, poi ti bruciano in sacrificio all'unico dio).

Sapienza 3:5-7; Deuteronomio 13:13-19.
mi sono aiutato con google, ma il sacrificio umano, che era già abominevole per gli egizi (mia interpretazione), era ancora comune per gli israeliti. era il loro dio a richiederlo espressamente.

(la frase che mi tatuerei non te la metto tradotta, altrimenti che gusto c'è? eccola in ebraico, spero si veda giusta:
שֶׁלְּעוֹלֶם, לּעוֹלֶם, לּעוֹלֶם לֹא יִהְיֶה לוֹ מְנַחֵם.
ovviamente si legge da destra a sinistra ;) )

Luca Massaro ha detto...

Non discuto certo dei riferimenti che tu porti, ma insisto: accanto al Dio di vendetta emerge nell'ebraismo un Dio di misericordia che presta orecchio al perseguitato, gli dà voce. Penso al profetismo (Isaia al suo "servo sofferente" per citarne uno).

Riguardo alla frase ebraica... il copia incolla su Google dice: "Lem, mai mai sarà di conforto" ma non so dire se traduce bene, tuttavia azzardo il senso: «Federica (mano amica) non sarà mai di conforto». Se ho indovinato, ti prego di non corrermi dietro per "sacrificarmi".

bag ha detto...

però ti presta orecchio se sei israelita esclusivo, ultramonoteista che crede solo in lui. altrimenti vai sterminato.

la traduzione dovrebbe dare al posto di "Lem" un ulteriore "mai". il traduttore italiano (ariel rathaus, ed einaudi, "Sento cadere qualcosa") mette "che mai, mai, mai si sarebbe consolato".

ma la tua interpretazione mi fa venire in mente che ci sono letture ambigue :D
se poi vuoi un altro po' della mia "cultura inutile", ti posso suggerire la letture del vijnanabhairava (ci vanno degli accenti e dei toni ma non ho voglia di farli da tastiera), ovvero "la conoscenza del terribile" (c'è un'ed adelphi con intro di raniero gnoli), che è un testo tantrico, e al cap XLVI (p. 80 di quell'ed adelphi) dice: "In virtù di una intensa rammemorazione del piacere che dà una donna, coi suoi baci, scotimenti e carezze, pur in assenza di essa potenza, o Signore degli Dei, si può verificare un'inondazione di beatitudine". pur in assenza di. questa va bene anche per l'altro tuo post recente dove si tratta l'argomento: per un adepto tantrico la mano amica è comunque una via di liberazione e conforto :D