martedì 15 novembre 2011

La sconoscenza umana


Ce lo ricordiamo tutti quando, da bambini, ci dicevano di non parlare con gli sconosciuti. Forse è per questo che, da grandi, invece, preferiamo parlare con gli sconosciuti che coi conoscenti. Perché i conoscenti ti conoscono e quindi non sai cosa cazzo più raccontargli per fargli credere che tu sei un tipo speciale, uno che la conta giusta, che sa il fatto suo, che ha saggezza da vendere e quindi sì, ti puoi fidare di lui. In poche parole, chi ti conosce ti sa prevedere anche se sei imprevidibile. Ognuno di noi è vestito sempre degli stessi panni e si porta dietro gli stessi stereotipi – e anche se cambi città e non ti fai vedere per un decennio, al ritorno, c'è sempre qualcuno che ti riconosce e dice: «Oh, guarda un po' chi c'è, l'amico pirla».
Basta un po' di sensibilità, mica molta, per soffrire di certe definizioni che ti sono state cucite addosso e tentare di fuggirne. Io c'ho provato, sapete, con l'internet. Ah, l'internet per certe cose è insuperabile. Ti consente in un batter d'occhio di parlare con degli sconosciuti e anche a gratis. Essendo d'animo un figlio di puttana ho sempre cercato di farmi bello agli occhi degli altri, persona sensibile e acuta, che sa ascoltare, comprendere, che ha un portato culturale notevole, che insomma sa come va fuori il mondo e su tutto, o quasi tutto, ha sempre una parolina giusta da dire.
È una tattica formidabile la mia, tipo la ragnatela. Io tesso, tesso e poi arriva sempre una zanzarona che ci casca: la lascio parlare, sfogarsi, scoprirsi, la avvolgo tutta con una morbida seta bavosa e poi, all'improvviso, zac, mi mangio la preda. Di solito la convinco a vedersi al cinema, sapete,è facile, con facebook è tutto uno scherzo. Basta trovare il cineclub giusto con la giusta rassegna, magari un film sentimentale russo coi sottotitoli in francese e lei il francese non lo sa, non importa, te lo racconto io cara.
Buio in sala, subito mano nella sua mano che sento accogliente. A metà film di una rottura di coglioni incomparabile, invito la preda a fare un giro fuori. Non è né troppo tardi né troppo presto, l'ideale per passare inosservati. Camminiamo lungofiume, è freddo. Ne approfitto per stringermi a lei con più forza. Sento che sta approvando questi miei approcci, ci so fare, ho una certa esperienza. Passo dopo passo sento crescere in lei la sicurezza nei miei confronti, così comincia a parlarmi della sua storia, che da piccola i suoi la trascuravano per andare in giro per il mondo, una brutta adolescenza, il primo amore, un incidente di percorso, lo teniamo sì vedrai ti amerò per sempre, ragazza madre a vent'anni di un figlio che non capiva se le apparteneva, i lavori estivi, la stanchezza, la solitudine, ecco cara, sta' tranquilla, ora passa tutto, ci sono io al tuo fianco ora.
Queste mie ultime parole, di solito, fanno crollare ogni fortezza. Sento dirmi, oh caro mi accompagni a casa? E io ne approfitto, per aggiungere – Sì, certo cara, sono cento euro in auto e duecento a casa. Sta' tranquilla, al resto penso tutto io.

2 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

mercenario

Luca Massaro ha detto...

Se fossi io quel mercenario, avrei più soldi della D'Addario (dico lei per la rima, ma avrei preferito dire della Minetti).