giovedì 16 febbraio 2012

Caro Silvio mi scrive

Pomeriggio di sole. Ero qui che mi godevo, un po' ingenuamente, la ritrovata considerazione europea, quando vedo, nella scheda accanto, arrivare un nuovo messaggio nella mia gmail.
È il caro Silvio che mi scrive

Luca,
ho la coscienza di aver servito in questi anni con tutte le mie forze il mio Pae­se, e ne sono ripagato con un accani­mento da parte di alcuni magistrati di Milano che non ha eguali nella storia. 

Se non avesse eguali nella storia, ci vorrebbe una S maiuscola.

Si vuole di­struggere fino in fondo la mia immagine di uomo, di imprenditore e di politico. 

Immagine di uomo? Detta così sembra che i giudici milanesi gli vogliano grattar via la crosta di cerone permanente che lo contraddistingue da qualche lustro.

Solo io posso sapere quanto male ho subito e continuo a subire per ave­re scelto la strada dell’impegno politico.

E dàgli con l'egocentrismo. Se solo te puoi sapere, allora che ce lo racconti a fare se non possiamo patire le tue stesse pene?

Al termine di una vita di lavoro indefesso sia nel­la mia professione di imprenditore e in seguito nell’impegno politico, sono trattato peggio di un delinquente, con accuse che non trovano corri­spondenza nei fatti e che sono state smentite nel corso del processo dibattimentale.

Attenzione, attenzione: Berlusconi ha scritto: «Al termine di una vita di lavoro indefesso». Sta parlando, chiaramente, della sua vita. Al termine. No, non tanto perché si senta vicino alla sua fine naturale, bensì quanto - lo dice esplicitamente - si ritiene di essere giunto al termine della sua vita lavorativa, quindi è in pensione, Berlusconi pensionato, vacanze, riposo, e meno rompimento di coglioni suo e nostro? Vorrei crederlo. 

La decisione di impegnarmi nella vita pubbli­ca, cercando di trasformare e di cambiare l’Italia, non mi è stata mai perdonata da tutti quei poteri che si sono visti insidiati nei loro interessi e nelle loro ambizioni.

Ancora con questa tiritera sui poteri. I poteri ce li hanno sempre quegli altri, lui non ce l'ha mai avuto il potere, povero impotente che non è altro.

Quello che più mi amareggia in questo momen­to è di constatare fino a che punto la giustizia può essere piegata a pregiudizi di carattere politico e ideologico.
Ripeto: solo chi malauguratamente ha la sven­tura di entrare nel tunnel della mala giustizia può immaginare l’incubo che si sperimenta, la soffe­renza che si prova a finire nell’ingranaggio disu­mano di una giustizia che sembra non rispondere più alle leggi, ai princìpi fondamentali del nostro ordinamento liberale, alle prove e ai fatti che emergono nel corso dello stesso procedimento.

Eh già, paura eh? Sei uscito dal tunnel del divertimento, dell'orgia di potere e ora tremi? L'importante è farsi trovare all'estero il giorno della sentenza definitiva.

La coscienza che ho di questa situazione, e la vi­cinanza della mia famiglia e di quanti mi vogliono bene e mi conoscono, mi dà la forza di continuare la battaglia per il riconoscimento pieno della mia totale estraneità a quanto mi viene addebitato.
Spero ancora che giudici integerrimi e devoti uni­camente alla legge e alla verità, decidano in piena coscienza e nel pieno rispetto della realtà dei fatti.

Pover'uomo, è stato abbandonato dai fatti. Non c'è più trippa per fatti farsi, infatti.

Preghiamo per lui.

2 commenti:

melusina ha detto...

Niente, oggi non gira proprio. Non bastava una telefonata personale che mi ha rattristata; adesso pure 'sta mail del pagliaccio d'Itaglia che mi fa venire una botta di nausea.
Per non parlare dei captcha impazziti, qualche dio li strafulmini!

The Passenger ha detto...

Sembra una parodia fatta da Cornacchione. Povero Silvio!