mercoledì 26 marzo 2014

A me la mano non scappa


Poco prima delle 18, su Radio Tre, è stato presentato il romanzo Tutto quello che è la vita, di James Salter, pubblicato da Guanda. Per l'occasione sono stati intervistati Antonio Scurati e Irene Bignardi.

«Io comprendo benissimo il fastidio, il dispetto e la distanza che possono provare le lettrici nei confronti delle scene di sesso perché sono effettivamente narrate da un punto di vista smaccatamente maschile o addirittura maschilista e sono dei momenti in cui l'eleganza e l'equilibrio stilistico [del romanzo] viene meno. Quando Salter racconta le scene di sesso del proprio alter ego c'è una visione maschile in qualche modo fantasmagorica in cui il maschio domina in maniera così, ehm, scoppiettante ed esaltante la femmina; ed è l'unico momento in cui l'autore si richiama all'epica delle origini, in cui Salter perde la propria eleganza, il proprio stile, in cui insomma gli scappa la mano». Antonio Scurati

«Io avrei voglia, quando leggo queste cose, [certe situazioni erotiche che mi sono sembrate fuori registro con il resto della storia], d'incontrare questi signori e guardarli in faccia e dirgli: ma veramente voi raccontate queste cose e ci credete che le reazioni femminili sono quelle? Io mi irrito profondamente, anche perché forse le donne non hanno ancora appreso la loro parte di questo discorso di questo gioco, non si sono assunte la fabulazione che gli uomini invece hanno assunto da un sacco di tempo.» Irene Bignardi.

Non ci avevo mai pensato prima, e non lo dico ora per fare come Rito, il pavone scapolo che corteggia, alternativamente, la porta finestra di casa mia e il paraurti della mia macchina, alla vana ricerca di costruirsi un harem ("I òmen e i pollon hinn i pussee cojon"): ma io, ecco, mi pare che alterlucas – almeno mi sembra, se ricordo velocemente, così a volo d'uccello, anzi: di pavone – non abbia mai assunto una posizione «smaccatamente maschile», nonostante i numerosi cazzi e altro tipo di linguaggio colorito.
E questo, credo, per due motivi: uno di carattere socio-culturale: per es. dubito, se fossi un emiro del Qatar, di pensarla allo stesso modo (dunque ho avuto culo; ma lasciamo perdere); l'altro perché se dovessi forzarmi a scrivere scene di sesso, il mio protagonista tutto sarebbe fuorché scoppiettante, anzi proprio il contrario.
Ché forse dovrei iniziare a usare l'inchiostro blu?

1 commento:

Olympe de Gouges ha detto...

non importa il colore dell'inchiostro, è questione di penna e di esercizio di scrittura. poi c'è chi scarabocchia e chi invece crea piccoli capolavori. in entrambi i casi questi lavori è meglio tenerli per sé che sottoporli a un'ampia platea poiché ben sappiamo quanto sia diffusa l'opinione più contraddittoria in materia di dolce stil novo