«Il funzionamento di un grande quotidiano [...] è di una complessità che quasi sempre sfugge al pubblico. Il cittadino non si rende conto dell'enorme macchina che viene messa in moto a suo beneficio in cambio del suo penny mattutino». Evelyn Waugh, (1938), L'inviato speciale, Bompiani, Milano 2001
Lo dico a mio disdoro: sto contribuendo fortemente alla crisi dell'editoria.
Da un po' di tempo non compro praticamente più giornali al mattino, l'ultimo è stato il secondo numero del nuovo Pagina99 per vedere com'era fatto (e com'era fatto? Non lo ricomprerò).
A pensarci bene perdo un cospicuo numero di editoriali, di articoli, di servizi, di commenti, tante pagine di pubblicità. Risparmio almeno 1,20/1,50 euro a mattino che, moltiplicati per 30 fanno 36/50 euro, il prezzo di un pieno di gasolio (sono antiquato, uso combustibile fossile).
Non dovrei giustificarmi o sentirmi minimamente in colpa per questo: infatti non mi giustifico, né mi sento in colpa. I quotidiani mi annoiano, anche se apprezzo il loro destino.
Certo, mi perdo una grande quantità di informazione e di produzione intellettuale tout court che quotidianamente viene messa in commercio e distribuita tramite edicola (mai preso in considerazione comprarli al supermercato, i giornali). Parimenti non mi faccio mancare quel che passa il convento della rete, che è tanta roba, perlopiù gratuita o, al limite, per esempio riguardo agli articoli di fondo, raggiungibile l'indomani nelle versioni online dei quotidiani stessi.
Alla base di questa mia rinuncia all'acquisto e alla lettura costante dei quotidiani ci sta quanto sopra citato in esergo: da cittadino, mi rendo conto sì «dell'enorme macchina che viene messa in moto» in cambio del mio euro e tanti; e tuttavia, ravviso, giammai questo avviene per il mio beneficio, non ora, non più.
4 commenti:
sì, è così come dici, però credo che il quotidiano assolva ancora delle funzioni, fosse pure quella di accompagnare certe abitudini, la lettura del quotidiano con il caffè e la sigaretta, per esempio, dunque di non salutari stili di vita, ma se ci togliamo anche i pochi "vizi" che abbiamo, cosa ci resta? diceva un certo montesquieu (ma ho sentito esprimere il medesimo concetto anche da chi non l'ha letto) che uno stile di vita troppo rigoroso e come una noiosa malattia. insomma la lettura del quotidiano fa parte del gusto della vita.
credo che lasciare la lettura dei quotidiani ci impoverisca. per esempio oggi acquisterò, diluvio permettendo, quello della confindustria, uno dei migliori sebbene sia un giornale padronale (e gli altri grandi giornali?)
e poi il pomeriggio mi siedo (per quanto posso) nel mio baretto sotto i portici, dove c'era in antico la sede del PSI, e sfoglio la stampa locale, la cronaca, materiale di conversazione. ieri pomeriggio con due signore rispettivamente di 88 e 89 anni, completamente autosufficienti, anzi arzille e combattive, con a fianco un signore di 90 anni compiuti, distintissimo e con una sciarpa dell'inter: da foto.
le signore mi raccontavano quanto sia cambiata la città, di come siano spariti i negozi di prossimità per far posto a gelaterie e negozi di straccetti. lo so, lo so bene, pensavo tra me, un pezzo di strada l'ho fatto insieme a voi e il ricordo più nitido di quegli anni lontani, molto prima di aver letto Proust, è il profumo di pane che si spandeva nella piazza. ma questo ormai lo dicono in tanti, spesso solo per dire e mentre sgranocchiano quello che chiamano tramezzino (una specie di pane di produzione industriale con maionese in vasetto e gamberetti agli ormoni, puah).
(vedo e rilancio: anche il tabù "del supermercato" è rivedibile, credi a un vecchio...)
E le edicole, sempre di più, stanno chiudendo.
@ Olympe de Gouges
Convengo sulle tue considerazioni, aggiungendo soltanto che, da un punto di vista delle abitudini, oramai internet la fa da padrone.
@ Marino
il fatto è che la spesa la faccio solitamente nel pomeriggio
@ Alberto
Eh, sì: faranno la fine delle cabine telefoniche.
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