«L'individuo
si muove in un sistema
formato di attrezzature e apparecchiature,
che egli stesso ha determinato e dai quali viene determinato, ma già
da un pezzo ha
perduto
coscienza del fatto che questo mondo è creazione umana. Il
preoccuparsi pervade tutta
la vita. Il lavoro è stato diviso in migliaia di operazioni
indipendenti e ogni operazione ha il proprio
operatore, il proprio organo esecutivo, tanto nella produzione quanto
nelle relative operazioni burocratiche. Il manipolatore non ha
davanti agli occhi l'opera intera. L'intero si manifesta al
manipolatore come qualcosa di già
fatto;
la genesi esiste per lui soltanto nei particolari, che per se stessi
sono irrazionali.
Il
preoccuparsi è la prassi nel suo aspetto fenomenico
alienato, che ormai non allude
alla genesi del mondo
umano (il mondo degli uomini, della cultura umana e
dell'umanizzazione della natura), bensì esprime la prassi delle
operazioni giornaliere, in cui l'uomo è impiegato nel sistema delle
“cose” già pronte,
cioè delle attrezzature. In questo sistema di attrezzature l'uomo
stesso diventa oggetto di manipolazione. La prassi di manipolazione
(travaglio) cambia gli uomini in manipolatori e oggetti della
manipolazione.
Il
preoccuparsi è manipolazione (con le cose e con gli uomini), in cui
le azioni si ripetono ogni giorno, sono già da un pezzo diventate
un'abitudine, e pertanto vengono eseguite meccanicamente. Il
carattere cosificato della prassi, espresso dal temine preoccuparsi,
significa che nella manipolazione non si tratta più dell'opera che
viene creata, ma del fatto che l'uomo viene assorbito dal mero
occuparsi e “non pensa” all'opera. L'occuparsi è il
comportamento pratico dell'uomo nel mondo che è già fatto e dato; è
trattamento e manipolazione delle apparecchiature nel mondo, ma non è
creazione
del mondo umano. L'abbagliante successo della filosofia che ci ha
dato una descrizione del mondo della cura e del darsi cura [riferimento ad Heidegger] deriva dal
fatto che un tale mondo costituisce il piano universale superficiale
della realtà del ventesimo secolo. Questo mondo non si manifesta
all'uomo come realtà da
lui creata,
ma come un mondo già fatto e impenetrabile, all'interno del quale la
manipolazione si presenta come impegno e attività. Il singolo
maneggia il telefono, l'automobile, l'interruttore elettrico come
qualcosa di ordinario e indiscutibile. Soltanto un guasto gli rivela
che egli esiste in un mondo di apparecchiature che funzionano
e che costituiscono un sistema internamente collegato, le cui parti
si richiamano scambievolmente. Il guasto dimostra che
l'apparecchiatura non è una cosa singola, ma una pluralità; che il
ricevitore è privo di valore senza il microfono, e così il
microfono senza i fili, i fili senza la corrente elettrica, la
corrente elettrica senza la centrale elettrica, la centrale elettrica
senza il carbone (materie prime) e le macchine. Il martello o la
falce non sono attrezzature (apparecchiature). La distruzione di un
martello è cosa perfettamente semplice, che anche un solo uomo può
eseguire. Il martello non è un'apparecchiatura, ma solo un arnese:
esso non rimanda ad un sistema di apparati come al presupposto del
suo funzionamento, ma rimanda ad un cerchio di produttori il più
stretto possibile. Nel mondo patriarcale della pialla, del martello,
della sega, non è possibile cogliere la problematica delle
attrezzature e degli apparati, che è creazione del moderno mondo
capitalistico del ventesimo secolo.»
Karel
Kosìk, Dialettica del concreto, Bompiani, Milano 1965,
traduzione dal ceco di Gianlorenzo Pacini, pag. 78-80
Rimettere mano a questo mondo, non limitarsi ad aggiustarlo. L'aggiustamento o la riparazione prevede che vi sia stato un mondo che funzionava (e quando mai? quando c'erano le pensioni baby per tutti?). Quello che mi preoccupa è che, aldilà dei visionari vaneggiamenti casaleggioleschi da decrescita felice e/o rintanamento nel proprio guscio clanico, non vi sia un serio dibattito politico e filosofico sul fatto che questo cazzo di mondo, più che riformato, vada ribaltato, scosso, che cadano tutti i centesimi dalle tasche di coloro che hanno assorbito, succhiato il fare e la fatica umani senza altro obiettivo reale al di fuori dell'accumulazione e del possesso - con qualche vessillo nazionalistico o religioso a fare da supporto.
Il mondo non è - almeno: non dovrebbe essere - del capitale, né delle nazioni che lo fanno operare, il capitale, credendo di asservirlo ai lor principi costituenti.
- Bravo.
- Grazie.
- Ti meriti l'Eliseo.
- Mi accontento di un bagno turco.
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