domenica 28 febbraio 2010

La vocazione moderna

Sempre sulla Domenica del Sole 24 Ore di oggi si legge con tenerezza una recensione della giornalista cattolica Lucetta Scaraffia¹ “Anticonformismo: padri perché preti”¹, al libro di Massimo Camisasca, Padre. Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della Chiesa?, Edizioni San Paolo 2010.
L'attacco è formidabile:
«Nella società di oggi il vero “diverso”, quello che vive in modo differente e non fa nulla per diventare uguale agli altri è il sacerdote cattolico: in un mondo dove la libertà di scelta è ritenuta un bene supremo, prende una decisione che lo vincola per la vita, in un mondo in cui la realizzazione individuale è l'obiettivo primario, sceglie l'umiltà e l'obbedienza per dedicarsi agli altri, e soprattutto rinuncia a ciò che è considerato la principale fonte di piacere, la sessualità».
Con un mio carissimo amico, tempo fa, discutevamo delle nostre paure infantili. Una, comune a entrambi, era quella che ci pigliasse la vocazione di diventare preti, proprio in virtù del fatto che i preti, sulla carta, non dovrebbero trombare. Per restare poi in tema sessualità (e lascio perdere tutti i casi estremi di pedofilia), mi son spesso domandato come considerare il fatto che, fisiologicamente, anche i preti devono, volenti o nolenti, scaricare le proprie palle piene ogni tanto (anche con relative polluzioni notturne). Se poi, come è capitato anche a me qualche anno fa, una prostatite gli imponesse la frequenza eiaculatoria (a me l'urologo la prescrisse, e io assolsi - e assolvo - di buon grado), come si rapporterebbero i sacerdoti con la sfera sessuale? Sono volgare, lo so, ma la Scaraffia m'impone questo discorso col suo parlare di “rinuncia” a quella ch'è considerata la “principale fonte di piacere” del mondo moderno. Purtroppo per i preti e per la Scaraffia, la sessualità è una delle componenti del nostro esserci, e quella di isolarla dal contesto vita è una forzatura abnorme che conduce o alla pace dei sensi (sessuali) o alla massima perversione. Relegare la sessualità solo alla procreazione e condannarla al di fuori di essa è uno dei massimi “errori” che la Chiesa (la religione tout court) continua a commettere.
La recensione della Scaraffia comunque parla anche d'altro, soprattutto rilevando che sarebbe riduttivo dare la responsabilità della scarsità di vocazioni al fatto che i sacerdoti non si possono sposare, o al fatto che alle donne è proibito diventarlo: questo, veniamo informati, è il pensiero di monsignor Camisasca per il quale «le difficoltà del sacerdote oggi non nascono dalle condizioni di vita in un mondo secolarizzato ed estraneo, se non addirittura ostile, ma da quello che è la ragion d'essere della scelta: il rapporto con Dio, di cui il sacerdote è rappresentante sulla terra».
Altro problema. La vocazione a farsi rappresentante in terra della volontà divina passa, oggi, piuttosto da altri canali: il canale dell'amplificazione mediatica è uno di quelli e il sacerdote in pectore per eccellenza, con difetti enormi, però, dal lato sessuale, è oggi Silvio Berlusconi, autoproclamatosi senza timore unto del Signore e uomo della Provvidenza. Lo so, esistono preti che ancora forniscono alla Chiesa ottimi alibi per restare a galla e non perdere quel poco di umano che ancora le resta.
Una speranza di vocazioni potrebbe venire se la Chiesa aprisse le porte a tutti quegli uomini sfavati di mezza età, ultracinquantenni, disoccupati improvvisi, incerti di futuro, con alle spalle matrimoni sfasciati e che magari, per orgoglio, si ritrovano a dormire nelle stazioni o nei dormitori comunali. Applicare una vera opera di evangelizzazione, un corso accellerato di ordinazione serale, con teologismo à la Mancuso, potrebbe colmare quel vuoto fisiologico di vocazioni che la secolarizzazione ha imposto. Altrimenti bussare alle porte dei foglianti: qualche suggerimento potrebbe venire da questi neo guelfi d'accatto.
Non credo, quindi, come crede monsignor Camisasca che la vocazione possa ritornare soltanto da un ritrovato contatto con Dio, stabilito attraverso la solitudine, il silenzio, l'obbedienza, l'umiltà, la povertà e la misericordia lontani dalle cose mondane, soprattutto quelle di internet e dei media. No. La Congregazione per la Educazione Cattolica deve fare uno sforzo in più: delegare la Endemol per inventare un format che promuova il sacramento dell'ordinazione.


¹Non son sicuro, ma è il suo primo articolo qui? Se sì, sarà occasionale o diverrà anch'ella una firma stabile dell'inserto culturale? Controllerò, dacché se così fosse vorrei mi si spiegasse il motivo di “arruolare” due intellettuali cattolici integralisti (Rondoni prima, Scaraffia poi) nel più prestigioso inserto culturale del panorama giornalistico italiano. Ché Riotta abbia qualche debito verso la CEI?

2 commenti:

tomas ha detto...

Direbbe William Shakespeare, se avesse modo di leggere il suo commento, che ci sono più cose in cielo e in terra,luca, di quante ne sogni la tua filosofia.
Che mi sembra popolata dai soliti luoghi comuni.

Inoltre, “arruolare due intellettuali cattolici integralisti (Rondoni prima, Scaraffia poi)" nel più prestigioso inserto culturale del panorama giornalistico italiano mi pare segno di libertà dal giogo culturale dei maître à penser della cultura italiana, di cui lei si pasce.

Luca Massaro ha detto...

Grazie del suo commento, Tomas.

Suo, Orazio