giovedì 28 maggio 2009

La percezione del tiranno

Se qualcuno dovesse rimproverarmi perché non mi occupo e non scrivo dei veri tiranni del mondo - da Kim Jong-il a Chavez, da Ahmadinejad a Putin, da Gheddafi a Mugabe, dal Comunismo cinese a quello cubano eccetera - sappia che il motivo è perché «le dittature degli altri non [mi] danno fastidio» (Flaiano).

La ripugnanza maggiore che il regime berlusconiano provoca in me non è dovuta tanto alla sua azione (o non azione) di governo, alla sua politica tout court (tutte cose queste che, pur non approvandole, rientrano in una normale dialettica democratica), quanto al fatto che tale regime mi obbliga pressoché quotidianamente a pensare all'esistenza di Berlusconi, così che questi diventa un pensiero dominante che contamina la mia di esistenza. Nel costringermi - volente o nolente - a pensarlo, nell'abbassare cioè i miei pensieri alla sua "miseria", ecco: in questo senso Berlusconi è per me un tiranno. È di questa tirannide che io sono esausto, preoccupato; e ancor più rammaricato giacché questa è una percezione che riguarda soltanto una minoranza (cospicua minoranza) di italiani.

P.S.
Sia detto per inciso: io non odio Berlusconi, né lo invidio. Penso soltanto in modo diametralmente diverso da come lui pensa la vita, le cose. Vorrei solo diventasse un po' meno percepibile, un po' meno rompicoglioni.

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