Ho letto con piacere l'articolo di Giulio Mozzi oggi sulla Domenica del Sole 24 Ore («Per favore, niente snobismi»). Non entro nel merito delle questioni da lui affrontate a margine di altri interventi del dibattito Mercato & letteratura che il settimanale culturale ha inaugurato domenica scorsa 14 marzo (anche se, tendenzialmente, ritengo che Mozzi abbia ragione su tutta la linea).
Dicevo del divertimento, e spiego perché. Ma prima leggiamo l'incipit:
«Il mio mestiere è: leggere romanzi e racconti in dattiloscritto, e segnalare quelli che mi sembrano interessanti all'editore che mi paga lo stipendio. Ricevo due o tre plichi al giorno, e due o tre giorni la settimana mi metto lì, leggo, sfoglio - ho deciso che ha tutti sono dovute la lettura di trenta pagine e una sfogliata - e, il più delle volte, butto via. sui mille e passa dattiloscritti che leggo ogni anno, mediamente una decina scarsa sono interessanti (il che non significa: pubblicabili). Gli altri no. Gli altri sono spesso ingenui, spesso brutti, spesso velleitari, non di rado orrendi».
Primo pensiero: è più facile vincere una bella sommetta al Superenalotto che diventare scrittori di successo.
Secondo pensiero: meno male che non ho nessun libro nel cassetto, anche perché non l'ho scritto. Tutto ciò che ho scritto è, più o meno, qui, in questo blog. Anche le poesie giovanili che mi sembravano degne, ancora, di attenzione ( pubblicate soprattutto all'inizio di questa “impresa blogghistica”). L'unico libro nel cassetto è la mia tesi, ma la stampai a mie spese nel 1997 e ben fu rilegata con copertina di tela e carta fiorentina (grazie all'arte di un fine artigiano cartotecnico); essa non è in nessun cassetto ma accanto a due volumi della Grande Enciclopedia Filosofica della Marzorati (libri che presi come paga invece di denaro quando feci il venditore librario della Rizzoli, nel 1990, ma questa è un'altra storia). E poi ci sarebbero anche delle “epistole”, ma sono in giro pel mondo, a casa di amici e donne variamente amate. Restino lì, nelle loro scatole in soffitta o nelle cartelle delle loro mail.
Terzo pensiero: queste discussioni su cosa sia la vera letteratura lasciano il tempo che trovano. Scrittore è, per me, chi riesce a vivere (guadagnarsi da) attraverso lo scrivere. Che poi tra coloro che rientrano in questa categoria vi siano “artisti” e meri “scrittorucoli” non ha molta importanza. Il canone “artistico” in letteratura, pur evolvendosi, mi pare ormai ben assodato. I modelli da raggiungere, il pantheon dei veri scrittori è cosa più o meno definita. Ma il punto è per me questo: io che ancora ho da leggere una “caterva” di libri indispensabili chi me lo fa fare di leggere la nuova letteratura italiana? La leggerei se fossi pagato per farlo (come un Giovanni Pacchiano, recensore di narrItalia rubrica del settimale suddetto). Io non potrò mai sapere (né giudicare) se la Margaret Mazzantini è brava perché prima di leggere lei devo ancora leggere Menzogna e sortilegio di Elsa Morante o Il porto di Toledo di Anna Maria Ortese (e mi fermo con gli esempi). Sì, certo, ho la puzza sotto il naso, ma io non posso spendere né un euro né un minuto per Carofiglio o per De Cataldo (e cito due sicuramente bravissimi scrittori contemporanei). Il tempo (e il denaro) costringono a delle scelte. Io sono un lettore lento. Io amo spulciare, saltare di palo in frasca, avere cento libri in mano contemporaneamente. Amo sottolineare, scrivere accanto, masticare, a volte leggere a voce alta, rileggere, riportare qui come conseguenza di un pensiero condiviso. Insomma, sono tutto il contrario di un buon lettore di romanzi, che prende il libro di duecento pagine e lo divora in due-tre ore di lettura continua. Io, quando leggo, penso. E il pensiero parte, la storia s'intreccia alla mia storia e il filo narrativo (o saggistico, o filosofico, o poetico) s'infrena agli accadimenti quotidiani sia pubblici che privati (per pubblici intendo anche il mio essere qui in rete sia come lettore che come “scrittorucolo”). Ma perché allora mi occupo di questo tema se la narrativa italiana (ed estera) contemporanea non m'interessa? Perché nel mio subconscio v'è il desiderio di scrivere un libro che abbia successo e che mi permetta facili guadagni. E se non ho cominciato a scrivere alcunché è perché ancora confido nel superenalotto.
2 commenti:
D'accordo "su tutta la linea" (tua); tuttavia mi fai venire in mente delle nuove riflessioni che, prima o poi, scriverò. ;-)
Le aspetto favorevolmente
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