a Malvino
«La nazione non è [...] né il popolo né coloro che lo governano, ma quel corpo sociale futuro che si produrrà con l'azione dello Stato¹».
Il problema italiano, in tutti questi drammatici anni di Storia Unitaria, è stato che tale “azione” non ha prodotto alcunché. Anzi no, due cose sono state prodotte: la tendenza generale del potere politico a occupare ogni spazio della società e il gentismo. Non c'è una società coesa, compatta che delega dei rappresentanti diversi per uno stesso fine (prosperità della nazione, interesse generale); ma una società frammentata, livida, discorde che elegge i propri governanti in vista soltanto del proprio interesse particolare.
Ogni Costituzione democratica e liberale «abolisce la trascendenza del potere politico: lo Stato deve completamente realizzarsi nei rapporti sociali²». Anche la nostra Costituzione ha, dentro sé, questo fine. E io potrei anche ammettere che «un popolo ha sempre il diritto di rivedere, riformare e cambiare la propria costituzione. Una generazione non ha il diritto di sottomettere alle proprie leggi le generazioni future ed ogni ereditarietà delle funzioni è assurda e tirannica³». Ma se a dirmelo di cambiare è uno dei maggiori artefici della discordia nazionale, come non nutrire fondati sospetti? E poi: se non c'è riuscita in 62 anni una Costituzione (l'attuale) dai principi eccellenti, come pensare ci possa riuscire una Costituzione riformata a colpi di maggioranza?
La Lega Nord e Berlusconi sono la quintessenza degli interessi particolari; e il maggior errore di una destra nazionalista, repubblicana e liberale è non accorgersi di questo e, soprattutto, non fare niente per evitarlo.
¹dalla voce Costituzione dell'Enciclopedia Einaudi (autore José Gil, vol. 4)
² ibidem
³ articolo 33 della Costituzione francese del 1793
3 commenti:
L'ho aspirata tutta e non mi ha fatto male.
La Nazione senza filtro mi fa schifo come chi la propugna. E infatti sa già di incenso in modo nauseante.
Bisognerà fumarla con un onorevole bocchino
;-)
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