mercoledì 31 marzo 2010
Petit déjeuner
È l'ora di occuparsi di altro,
di stare in disparte, dimessi,
guardare dentro se stessi,
verniciare il nostro nulla di smalto
Camminare leggeri con scaltrezza
sentire pensieri venire senza pressione
sperimentarli nei versi senza ossessione
e lanciarli nel cielo sospinti da brezza
Ho dovuto per forza azzerare
la mia indignazione; il mio livore non serve:
della rabbia è utile fare conserve
a colazione spalmare, mangiare
martedì 30 marzo 2010
Mi dia un pacchetto di Nazione senza filtro
«La nazione non è [...] né il popolo né coloro che lo governano, ma quel corpo sociale futuro che si produrrà con l'azione dello Stato¹».
Il problema italiano, in tutti questi drammatici anni di Storia Unitaria, è stato che tale “azione” non ha prodotto alcunché. Anzi no, due cose sono state prodotte: la tendenza generale del potere politico a occupare ogni spazio della società e il gentismo. Non c'è una società coesa, compatta che delega dei rappresentanti diversi per uno stesso fine (prosperità della nazione, interesse generale); ma una società frammentata, livida, discorde che elegge i propri governanti in vista soltanto del proprio interesse particolare.
Ogni Costituzione democratica e liberale «abolisce la trascendenza del potere politico: lo Stato deve completamente realizzarsi nei rapporti sociali²». Anche la nostra Costituzione ha, dentro sé, questo fine. E io potrei anche ammettere che «un popolo ha sempre il diritto di rivedere, riformare e cambiare la propria costituzione. Una generazione non ha il diritto di sottomettere alle proprie leggi le generazioni future ed ogni ereditarietà delle funzioni è assurda e tirannica³». Ma se a dirmelo di cambiare è uno dei maggiori artefici della discordia nazionale, come non nutrire fondati sospetti? E poi: se non c'è riuscita in 62 anni una Costituzione (l'attuale) dai principi eccellenti, come pensare ci possa riuscire una Costituzione riformata a colpi di maggioranza?
La Lega Nord e Berlusconi sono la quintessenza degli interessi particolari; e il maggior errore di una destra nazionalista, repubblicana e liberale è non accorgersi di questo e, soprattutto, non fare niente per evitarlo.
¹dalla voce Costituzione dell'Enciclopedia Einaudi (autore José Gil, vol. 4)
² ibidem
³ articolo 33 della Costituzione francese del 1793
I veneziani non sono mica strulli
Signora granda, testa che massa
massa ne passa, che quasi schissa,
Dia dei sostegni de cese e palassi
Dia de le taje che su ne tien fissi
Dia de le onde che le ne fa grassi,
ne ingrassa de ogni grassia, Dia Venessia -
aàh Venessia aàh Venàssia aàh Venùsia
Andrea Zanzotto, Filò, (Sezione: Recitativo Veneziano), Meridiani Mondadori.
Signora grande, testa che troppo
troppo ci sopravanza, che quasi ci schiaccia,
Dea dei sostegni di chiese e palazzi
Dea dei tronchi¹ che ci reggono saldi,
Dea delle onde che ci fanno ricchi,
ci colman di ogni grazia, Dea Venezia -
aàh Venessia aàh Venàssia aàh Venùsia
[traduzione di Tiziano Rizzo]
¹taje: “tronchi tagliati”, per le palafitte
lunedì 29 marzo 2010
Seminare l'Italia
Oggi, grazie a una piacevole “vacanza elettorale”, ho fatto una vera scelta di campo (altro che Di Pietro): ho spaccato, insieme al suocero, diversi quintali di quercia (con la spaccatrice meccanica azionata dal trattore bien sûr) e, di poi, ho seminato al tramonto (davvero!) due solchi di patate (seme olandese) nel campo arato. Restare attaccato alla terra è l'unico mio modo per dimenticare l'enorme quantitativo d'italiani che votano PdL. Magra è la consolazione d'abitare/d'essere Toscana.
domenica 28 marzo 2010
Cartolina di scuse
Grazie alla puntualità di Nonunacosaseria.
P.S.
Una volta erano degli scrittori (italiani) a inventarsi delle Interviste impossibili con personaggi storici non viventi.
Oggi sono dei giornalisti (sic!) italiani a inventarsi interviste con scrittori viventi: facendogli dire cose che nemmeno pensano.
Ba ba baciami piccino
Son passati alcuni anni da allora, e oggi, con mestizia, guardo a questo piccolo politico di periferia e penso a come sarei cattivo ad augurare al mondo di levarmelo dai piedi con lo zuccherino di una possibile elezione a tale suddetto incarico di prestigio.
Tuttavia, mi domando altresì: sarebbe davvero una tragedia se ciò avvenisse?
Anzitutto la “pena” sarebbe universalmente condivisa; dipoi, vedi mai il caso che con la sua sfacciataggine riuscisse a metter d'accordo arabi ed ebrei, russi e americani, cinesi e giapponesi, argentini e brasiliani, nord e sud coreani? Certo è che come bacia le mani lui non le bacia¹ nessuno.
¹Sbaglio io, oppure dopo il bacio di Berlusconi, Gheddafi si strofina la mano alla veste come per pulirsela?
P.S.
Con piccolo e piccino non mi riferisco assolutamente alla statura fisica, ma politica di Berlusconi. Infatti non mi son permesso di titolare il post con «Il bacianano».
sabato 27 marzo 2010
Domanda amorale
Friedrich Nietzsche, Aurora, Adelphi, Milano 1964
Caro Alex, dove prendere dunque tali «unità di misura»? Sii cauto, mi raccomando.
Laughter in the light
Che strano: tutte le volte che ci sono le elezioni alle porte mi pento di non aver fatto domanda per essere scrutatore. Ma la contrizione dura solo un lampo, dacché capisco che, se lo facessi, rischierei di contravvenire a ogni regolamento d'imparzialità, ridendo miseramente in faccia ai presunti elettori delle liste berlusconiane (e leghiste). Come farei a riconoscerli? È facile, dài...
Consolazione
Darwin.
Si dice che per rilassarsi leggesse romanzi.
Ma aveva le sue esigenze:
dovevano essere a lieto fine.
Se gliene capitava uno differente,
lo gettava con furia nel fuoco.
Vero o no che sia -
sono propensa a crederci.
Percorrendo con la mente tanti spazi e tempi
aveva visto così tante specie estinte,
tali trionfi dei forti sui più deboli,
così grandi sforzi di sopravvivenza,
prima o poi inani,
che almeno dalla finzione
e dalla sua microscala
aveva diritto di aspettarsi l'happy hand.
E quindi per forza: un raggio che sbuca dalle nuvole,
gli amanti di nuovo insieme, i casati riconciliati,
i dubbi dissipati, la fedeltà premiata,
i beni recuperati, i tesori dissotterrati,
i vicini pentiti del loro accanimento,
la reputazione resa, la cupidigia smascherata,
le vecchie zitelle maritate con pastori dabbene,
gli intriganti deportati nell'altro emisfero,
i falsari di documenti scaraventati dalle scale,
i seduttori di vergini di gran corsa all'altare,
gli orfani accolti in casa, le vedove consolate,
la boria umiliata, le ferite sanate,
il figliol prodigo invitato alla mensa,
il calice dell'amarezza vuotato in mare,
i fazzoletti intrisi di lacrime pacificate,
canto e musica per tutti, e il cagnolino Fido,
smarrito già nel primo capitolo,
corra pure di nuovo per la casa
abbaiando gioioso.
Wislawa Szymborska, Due punti, Adelphi, Milano 2006
venerdì 26 marzo 2010
Sodomie linguistiche
Qualche giorno fa, poi, lessi divertito una riproposizione di un post di Cadavrexquis sulla fenomenologia del pigliarlo in culo.
Stasera, infine, ho visto e ascoltato con piacere il monologo di Daniele Luttazzi; quando a un certo punto egli ha illustrato le ragioni del persistere del berlusconismo mediante le «tre fasi anali» (eterosessuali), oltre a ridere di gusto (soprattutto quando ha citato un'intercettazione tra Agostino Saccà e Silvio B come perfetto esempio di sodomia telefonica), allo stesso tempo ho pensato: perché – nonostante l'indubbia efficacia – non trovare un'altra similitudine per definire una situazione di sopraffazione, in cui v'è un persecutore che umilia una vittima?
Per carità, il mio non è purismo linguistico o banale pruderie. È che a me non piace l'appiattimento sugli stessi stereotipi linguistici, giacché inflazionando a ogni piè sospinto un modo di dire, questo perde la sua efficacia.
Insomma, io temo che a forza di ripetere “l'ho preso in culo, l'ho preso in culo” alla fine non ci si accorga nemmeno di più di averlo preso davvero (e che qualcuno continui impunemente a mettercelo senza chiederci il consenso).
Ciò nonostante, ribadisco, Luttazzi è stato formidabile perché ha reso evidente ai miei occhi che l'apparente oscenità del suo linguaggio non era altro che linguaggio, rappresentazione, simbologia volti a evidenziare che nessuno scandalo linguistico potrà mai essere grave quanto lo scandalo civile provocato da Berlusconi che penetra indebitamente nelle coscienze degli italiani.
giovedì 25 marzo 2010
Divertimento
credere in D-o
Ci dovresti provare qualche volta
Provaci adesso
e scopri se
D-o vuole
o non vuole
che tu creda in Lui
Leonard Cohen, Il libro del desiderio, Mondadori, Milano 2007
Uno più uno più uno più uno più
Dall'America giunge poi la notizia che la legge sulla riforma della sanità americana dovrà essere rivotata per vizi procedurali. Se non ricordo male, tale legge fu approvata con un ridottissimo margine di voti a favore e che determinanti furono quelli di alcuni noti rappresentanti parlamentari “antiabortisti”.
Bene, non so se questi ultimi siano di fede cattolica, ma se lo fossero non mi sorprenderei se, dopo una telefonata della Santa Sede, decidessero di cambiare idea sul sostegno alla suddetta legge (qualora ci fosse una nuova votazione).
mercoledì 24 marzo 2010
Perdere Dio quando si fa sera
Friedrich Nietzsche, Aurora, Adelphi, Milano 1964
Io vorrei sapere quanto oggi, cristianamente, sia contemplato, vissuto, esperito quel ‘non’. Senza questa esperienza di negazione, senza questa privazione, senza questo abbandono, l'ipotesi Dio non potrà mai essere verificata. Svuotare il mondo da Dio, farlo uscire fuori dell'atmosfera, liberare questa idea dalla prigione terrestre, dal chiuso delle nostre menti, come aria gettata fuori da un palloncino. Pfffff. Dio non c'è più, scomparso per un attimo, per un giorno, per una settimana, per qualche decennio, un secolo... Chissà che non si riaffacci in qualche modo, da buon Dio prodigo. Credo che, se ci fosse, sarebbe contento di lasciarci in pace e, soprattutto, di non ascoltare più le nostre preghiere, invocazioni, promesse, cazzate, confessioni, violenze perpetrate nel suo nome... Sì, sarebbe contento di lasciar crescere in pace un nuovo tipo di umanità non più infettata da un'idea sbagliata.
martedì 23 marzo 2010
«Necessità necessità verbo dei muti»
nel marzo quarantotto! Gente fissa
ogni ora del giorno e della notte in piazza Duomo.
Aldo, Angelo, persino la collega dell'ufficio accanto
vestita così bene
dicono che la gente che lavora
deve stare al suo posto
che si sa bene per chi bisogna votare.
A Carla per il voto le mancano degli anni
e a lei sembrano molti
Aldo s'arrabbia
e invece è lui che fa rabbia
disoccupato quand'è sera, sofferente
al rifugio che notte gli presenta
per molti o pochi soldi,
e se accarezza Carla
le accarezza le mani, e parla.
Ma il sangue, è vero che ha un ritmo
in certi mesi detti primavera
accelerato? e vale anche per noi, qui sotto il ritmo
della città?
tradotto sopra i volti? ma dietro i vetri
che cosa bolle alla Montecatini
dov'è la primavera della Banca
Commerciale?
vada con lui a mangiare, una sera
ma sarà una sera che Carla ha da fare
con tante cose in casa, col bambino
ch'è nato a sua sorella.
Col bambino che è nato e si prende
altro spazio, è più esiguo
l'esiguo margine a fughe
non è che può mancare molto; sopravvive
difatti, solo chi impara a vivere.
idillio accanto alla calcolatrice
corsa proficua degli storpi, amore
del badilante sullo sterro, gravità
sul capezzolo dei nati, erba del prigioniero,
lo stesso capriccio del vento nel tuo nome
fa portatore di polline natura.
EElio Pagliarani, La ragazza Carla (III, 5), [1960], da Tutte le poesie, Garzanti, Milano 2006.
Rivoluzionari in pectore
«Lei come si definirebbe?
"Un lottatore, se qualcuno cade, ma davvero, sono pronto ad aiutarlo".
Un lottatore con il fantasma della morte. Come convivono le due cose?
"Ho fatto tantissime cose, ma a 62 anni quello che porto a casa è molto poco. Non potevo inventarmi un 1789 a Brescia. Da solo non ce la fai. Indubbiamente godo di una libertà sconosciuta ai più. Però sono anche uno che alla fine se la suona e se la canta. Allora la libertà o è un valore che trasmetti e condividi con altri, oppure è il sogno di un pazzo. E io mi vedo più pazzo che sognatore. E poi a me non basta vedermi, voglio sapere come sono visto. È questo il mio inferno. La mia follia mentale che fa sì che io sia equamente distribuito fra tutti i miei personaggi".»
Una perfetta sintesi
lunedì 22 marzo 2010
Il cinismo indotto
«Esistono altri esempi di riproduzione selettiva indotta da occhi non umani? Sì. Si pensi al piumaggio spento e mimetico di una fagiana e lo si confronti con quello stupendo del maschio della stessa specie. Senza dubbio, se la sua sopravvivenza individuale fosse l'unica cosa che contasse per lui, il fagiano dorato maschio “preferirebbe” avere l'aspetto della femmina o di una versione adulta di se stesso pulcino. Lo stesso vale per altri fagiani, come il fagiano di Lady Amherst (Crysolophus amherstiae) e il fagiano colchico (Phasianus colchicus). I maschi sono variopinti e pericolosamente attraenti per i predatori, ogni specie in modo assai diverso. Le femmine invece si mimetizzano con colori spenti, quasi in tutte le specie nella stessa maniera. Come mai?
Richard Dawkins, Il più grande spettacolo della Terra, Mondadori, Milano 2010 (pag. 49)
- in primo luogo, nessuno, apertamente, si riconosce in tale carattere, ma volentieri lo imputa agli altri, accusandoli, appunto, di cinismo; questo, soprattutto da parte di coloro che, oggettivamente, sono i campioni di tale cinismo imperante;
- in secondo luogo, come il piumaggio dei fagiani o dei pavoni, il cinismo si è evoluto nel corso del tempo, facendosi - allo stesso tempo e paradossalmente - e più spiccato e più mimetico. Spiccato perché lo si trova ovunque. Mimetico perché ognuno lo riconosce bene negli altri ma mai in se stesso.
- Tale cinismo che ha trovato il suo habitat ideale nelle zone di collusione tra potere e illegalità, si è diffuso secondo leggi analoghe alla selezione sessuale e, vieppiù, attraverso una “riproduzione selettiva” indotta dalla garanzia che l'unico modo per emergere e affermarsi nel nostro paese è adottare un simile tratto antropologico.
- Last but not least, la Chiesa, che nella nostra penisola oramai impera da qualche secolo, invece di dare credito illimitato a quegli esempi che le rendono diuturnamente onore (cito Don Luigi Ciotti per tutti), preferisce assumere atteggiamenti indulgenti verso chi piaga (e piega) il tessuto sociale ai propri ‘cinici’scopi perché costoro sono i garanti più fidati per farle esercitare la sua influenza nella società e il suo effettivo potere.
I veri nipoti di Rameau sono italiani
P.S.
Mi spiace che le citazioni tra virgolette tratte dal suddetto fondo non siano state messe tutte quante in corsivo. L'epilogo, poi, avrebbe bisogno di un ulteriore sviluppo, ma mi sono fermato per ragioni di lunghezza (e perché magari merita un post a parte).
domenica 21 marzo 2010
Post dis-servizio
Di poi, cosa più uggiosa della mia, quella capitata a Malvino. Vi consiglio di leggere tal disavventura e di ri-linkare il suo “nuovo” blog (occorre farlo riscalare in fretta la classifica per soddisfare la sua “eccitazione”).
Gratta & Scrivi (un best-seller)
Dicevo del divertimento, e spiego perché. Ma prima leggiamo l'incipit:
«Il mio mestiere è: leggere romanzi e racconti in dattiloscritto, e segnalare quelli che mi sembrano interessanti all'editore che mi paga lo stipendio. Ricevo due o tre plichi al giorno, e due o tre giorni la settimana mi metto lì, leggo, sfoglio - ho deciso che ha tutti sono dovute la lettura di trenta pagine e una sfogliata - e, il più delle volte, butto via. sui mille e passa dattiloscritti che leggo ogni anno, mediamente una decina scarsa sono interessanti (il che non significa: pubblicabili). Gli altri no. Gli altri sono spesso ingenui, spesso brutti, spesso velleitari, non di rado orrendi».
Primo pensiero: è più facile vincere una bella sommetta al Superenalotto che diventare scrittori di successo.
Secondo pensiero: meno male che non ho nessun libro nel cassetto, anche perché non l'ho scritto. Tutto ciò che ho scritto è, più o meno, qui, in questo blog. Anche le poesie giovanili che mi sembravano degne, ancora, di attenzione ( pubblicate soprattutto all'inizio di questa “impresa blogghistica”). L'unico libro nel cassetto è la mia tesi, ma la stampai a mie spese nel 1997 e ben fu rilegata con copertina di tela e carta fiorentina (grazie all'arte di un fine artigiano cartotecnico); essa non è in nessun cassetto ma accanto a due volumi della Grande Enciclopedia Filosofica della Marzorati (libri che presi come paga invece di denaro quando feci il venditore librario della Rizzoli, nel 1990, ma questa è un'altra storia). E poi ci sarebbero anche delle “epistole”, ma sono in giro pel mondo, a casa di amici e donne variamente amate. Restino lì, nelle loro scatole in soffitta o nelle cartelle delle loro mail.
Terzo pensiero: queste discussioni su cosa sia la vera letteratura lasciano il tempo che trovano. Scrittore è, per me, chi riesce a vivere (guadagnarsi da) attraverso lo scrivere. Che poi tra coloro che rientrano in questa categoria vi siano “artisti” e meri “scrittorucoli” non ha molta importanza. Il canone “artistico” in letteratura, pur evolvendosi, mi pare ormai ben assodato. I modelli da raggiungere, il pantheon dei veri scrittori è cosa più o meno definita. Ma il punto è per me questo: io che ancora ho da leggere una “caterva” di libri indispensabili chi me lo fa fare di leggere la nuova letteratura italiana? La leggerei se fossi pagato per farlo (come un Giovanni Pacchiano, recensore di narrItalia rubrica del settimale suddetto). Io non potrò mai sapere (né giudicare) se la Margaret Mazzantini è brava perché prima di leggere lei devo ancora leggere Menzogna e sortilegio di Elsa Morante o Il porto di Toledo di Anna Maria Ortese (e mi fermo con gli esempi). Sì, certo, ho la puzza sotto il naso, ma io non posso spendere né un euro né un minuto per Carofiglio o per De Cataldo (e cito due sicuramente bravissimi scrittori contemporanei). Il tempo (e il denaro) costringono a delle scelte. Io sono un lettore lento. Io amo spulciare, saltare di palo in frasca, avere cento libri in mano contemporaneamente. Amo sottolineare, scrivere accanto, masticare, a volte leggere a voce alta, rileggere, riportare qui come conseguenza di un pensiero condiviso. Insomma, sono tutto il contrario di un buon lettore di romanzi, che prende il libro di duecento pagine e lo divora in due-tre ore di lettura continua. Io, quando leggo, penso. E il pensiero parte, la storia s'intreccia alla mia storia e il filo narrativo (o saggistico, o filosofico, o poetico) s'infrena agli accadimenti quotidiani sia pubblici che privati (per pubblici intendo anche il mio essere qui in rete sia come lettore che come “scrittorucolo”). Ma perché allora mi occupo di questo tema se la narrativa italiana (ed estera) contemporanea non m'interessa? Perché nel mio subconscio v'è il desiderio di scrivere un libro che abbia successo e che mi permetta facili guadagni. E se non ho cominciato a scrivere alcunché è perché ancora confido nel superenalotto.
sabato 20 marzo 2010
La vera battaglia
Anch'io sono stato in piazza oggi pomeriggio. Piazza Paolo Uccello: del comune ove risiedo, la principale. Cinque minuti soltanto, il tempo di parcheggiare, di andare in edicola e prendere le Lettere a Lucilio di Seneca e poco più. C'era un gazebo surreale della Lega Nord: tre, quattro persone che se la ridevano e se la cantavano, coi manifesti dell'indiano e di Roma ladrona. Avrei voluto dir loro: ma non vi vergognate? Sono 8-9 anni che siete a Roma, al potere... ma come fate a comportarvi ancora come se foste all'opposizione? Ma poi ho lasciato perdere. De tranquillitate animi dentro di me
«[Il saggio] non deve camminare a tentoni, con passi incerti; è sì grande infatti la fede che egli ha in se stesso, che non esita ad andare incontro alla fortuna e non indietreggia mai di fronte ad essa. Né ha di che temerla, perché non soltanto gli schiavi e le proprietà e gli onori, ma anche il proprio corpo e gli occhi e le mani e qualsiasi cosa gli rende più cara la vita, e se stesso insomma, egli annovera fra i beni conquistati per grazia altrui e vive come ceduto in prestito a se stesso e pronto a restituirsi senza rammarico al creditore che ne facesse richiesta». [trad. E. Paratore].
Oh, ma quanto avrei volentieri respinto questi leghisti oltreconfine
Novità
anche perché trattasi di un alter ego di quel tal lucas.
Cosa cambia esattamente? Nulla, solo un minimo di identificazione in più, solo il vezzo di avere il proprio sito specifico e, pare, qualche applicazione gratuita di Google da sfruttare (ma ancora non ho capito bene cosa e quale).
Comunque sia, il mio blog è, come mi dicono, «in fase di transizione [tecnica]. Poiché è necessario del tempo per rendere questo nuovo indirizzo disponibile nell'intera rete di Internet, [potete] ancora accedere a http://lucamassaro.blogspot.com» (anche in futuro, cliccando su quest'ultimo, sarete reindirizzati automaticamente al nuovo).
Unico contrattempo: mi sono accorto che è sparito il mio elenco blog personale, il blogroll degli aggiornamenti dei miei amici linkati; e questa è un'inconvenienza che spero risolvano presto in automatico.
Cha altro dire? Buon alterlucas, quel tale, il solito, tale e quale (bischero dentro).
venerdì 19 marzo 2010
L'autorità
È il consenso vostro a voi stessi e la voce costante della vostra ragione, e non degli altri, che vi deve fare credere.
Il credere è così importante.
Cento contraddizioni sarebbero vere.
Se l'antichità fosse la regola del credere, gli antichi sarebbero dunque senza regola.
E se fosse il consenso generale: se gli uomini fossero periti.
Falsa umiltà, orgoglio.
Punizione di coloro che peccano, errore.
Sollevate il sipario.
Avete un bel fare: bisogna credere, o negare, o dubitare.
Non avremo dunque regola?
Giudichiamo che gli animali fanno bene ciò che fanno: non vi sarà dunque alcuna regola per giudicare gli uomini?
Negare, credere, dubitare sono per l'uomo ciò che il correre è per il cavallo».
Blaise Pascal, Pensées, [Frammenti, BUR, 1994. Trad. Enea Balmas]
La caduta degli dèi
Raccomando ai miei posteri
(se ne saranno) in sede letteraria,
il che resta improbabile, di fare
un bel falò di tutto che riguardi
la mia vita, i miei fatti, i miei non-fatti.
Non sono un Leopardi, lascio poco da ardere
ed è già troppo vivere in percentuale.
Vissi al cinque per cento, non aumentate
la dose. Troppo spesso invece piove
sul bagnato.
Eugenio Montale, Diario del '71 e del '72, da Tutte le poesie, Meridiani Mondadori.
Tale analisi “terra terra” di Federica ci fa ritrovare “la terra”, sospesi come siamo tra il vivere qui coi nostri desideri - giocoforza ridotti - che ci fanno sembrare la vita poco interessante e eccitante - vissuta al 5% come diceva il grande Eusebio - e l’iperuranio della fighezza di chi invece possiede lo scettro dell’essere (reddito alto, piccoli harem estemporanei, suv e autoblindo, ristoranti cinque stelle ecc.).
Almeno gli imperatori una volta amavano, oltre che alle zoccole da camerino nascoste pel popolino, circondarsi di philosophes.
Cosa posso dire, tuttavia, per essere credibile? Che probabilmente, se avessi un reddito “alto”, anch’io mi pagherei delle saltuarie escort? Non lo so, non trovandomi in tal situazione... È probabile di sì, qualche trombata da richiamo della foresta ogni tanto la farei, non lo escludo. Ricordo, infatti, un episodio: giovane ventenne, lasciato dalla prima fidanzata per un altro, e avendo subito tale smacco, cercavo disperatamente “altra figa” non tanto da palpare (sì, anche quello) ma soprattutto da portare in giro, bar-teatro-cinema-pizzeria, per far vedere agli altri che il mio essere era ben saldo. Quindi non è per moralismo che giudico il comportamento altrui. Solo per essere d’accordo con quanto scrive Federica; vale a dire che i modelli di riferimento che fanno sembrare di essere qualcuno di fronte allo sguardo altrui sono orribilmente decaduti. Basti pensare agli anni Sessanta/Settanta dello scorso secolo
per rendersi conto del baratro che ci separa da allora. Lo slittamento cominciò probabilmente con la Milano da bere di craxiana memoria, alimentata dall'ascesa dell'astro berlusconiano. Chissà. Ma ora è bene fermare la nostra confusa analisi marginale. Ne riparleremo... (uso il ‘noi’ come il divino Otelma per questo finale da strapazzo).
giovedì 18 marzo 2010
In onore di Pier Luigi
In onore di Aldo
Aldo Busi è a conoscenza dell’iniziativa e ha concesso l’autorizzazione a pubblicare testi inediti che egli stesso ci fornisce a sua insindacabile discrezione». Buona frequentazione di uno dei più grandi scrittori italiani concessi alla nostra storia letteraria. Sia pure radiato dalla RAI (e da Mediaset): a perderci non sarà certo lui.
Sonetto infamia e mandala
che a zero smotta e pur genera a vista
vermi mutanti in dèi, così che acquista
nel suo perdersi, e inventa e inforca imprese,
vanno da falso a falso tue contese,
ma in sì variata ed infinita lista
che quanto in falso qui s'intigna e intrista
là col vero via guizza a nozze e intese.
Falso pur io, clone di tanto falso,
od aborto, e peggiore in ciò del padre,
accalco detti in fatto ovver misfatto:
così ancora di te mi sono avvalso,
di te sonetto, righe infami e ladre -
mandala in cui di frusto in frusto accatto.
Andrea Zanzotto, Il Galateo in Bosco (1978), da Le poesie e prose scelte, Meridiani Mondadori, Milano 1999.
Nota mia a margine.
Vorrei che questo sonetto fosse indebitamente letto tenendo presente la situazione politica italiana partendo dal presupposto che l'Italia è un paese vocato a generare vermi mutanti in dèi.
mercoledì 17 marzo 2010
Schiavo del post
Sono ubriaco di stanchezza e stasera non riesco a tenere pensiero dietro a nulla.
Gli occhi si semichiudono e la mente vaga alla ricerca di un brano da riportare, di un fatto da commentare, di un tema da analizzare. Niente di tutto questo mi riesce: m'incanto, m'incarto, a malapena riesco a seguire gli aggiornamenti (oramai per me indispensabili) dei miei amici linkati. Ma, in tutto questo spaesamento, un pungolo sostiene il mio essere qui a digitare queste pessime elucubrazioni, come fosse una sorta di autodisciplina. Un dolce assillo, per me assolutamente necessario, per farmi credere che in qualche modo io stia costruendo qualcosa che un giorno, tra qualche anno (spero: qualche decennio!) possa ricordare la forma di uno zibaldone semi-privato, quasi-pubblico che abbia dato sfogo personalissimo alla schiavitù di quel «tardo stato d'animo della natura»¹ chiamato Io.
¹Gottfried Benn, Lo smalto sul nulla, Adelphi, Milano 1992 (pag. 40)
martedì 16 marzo 2010
Le fate non possono tutto
«Per qualunque fatagione, come per l'ipnotismo, ci vuole una favorevole disposizione del soggetto, una propensione, nel senso che le fate non possono fare tutto¹, ci sono dei limiti, come un ipnotizzatore, che non può ipnotizzare un cieco ad esempio, o un miope affetto da forte miopia stando inoltre a grande distanza, né può ipnotizzare uno che non ne voglia sapere e sia sempre distratto e scettico. Le fate non possono tutto²; inoltre sono legate ad un territorio; e però per una ragione o per l'altra cercano sempre di catturare qualcuno, in genere un bel cavaliere, e allora tendono trappole. Non sono trappole semplici, anzi partono da molto lontano, si estendono, come una grande ragnatela impalpabile, funzionano come le linee di forza di Faraday, come una elettrocalamita nel suo campo magnetico, che tira verso il centro, e il campo magnetico è fatto a imbuto».
Ermanno Cavazzoni, Storia naturale dei giganti, Guanda, Parma 2007 (pag. 70).
Pippe scozzesi
lunedì 15 marzo 2010
Vita bassa, pacco alto.
Consiglio di lettura
Inesorabile Phastidio
P.S.
In calce a FF ho scritto loro: ‘ci vorrebbe un nuovo Franco Basaglia in grado di far uscire gli italiani dal manicomio nel quale sono (siamo) rinchiusi’.
Piccolo spazio pubblicità
Giornalettismo ha pubblicato questo mio articolo.
Ancora una volta mi soffermo su temi berlusconiani.
Spero di non essere palloso, né troppo riccio.
«Esiste un grande divario tra coloro, da una parte, che riferiscono tutto a una visione centrale, a un sistema più o meno coerente o articolato, con regole che li guidano a capire, a pensare e a sentire – un principio ispiratore, unico e universale, il solo che può dare un significato a tutto ciò che essi sono e dicono –, e coloro, dall’altra parte, che perseguono molti fini, spesso disgiunti e contraddittori».
Isaiah Berlin, Il riccio e la volpe, Adelphi, Milano 1998, pp. 71-72.
P.S.
Buona lettura, se vi va.
domenica 14 marzo 2010
E che cavoli, don Verzé!
Se leggete la voce wikipediana dedicata al filosofo-sacerdote capirete il perché di tale amicizia. Comunque sia, di primo acchito, a leggere tali parole si rimane basiti di come un uomo attento alle problematiche morali, sociali e filosofiche qual è don Verzé possa arrivare a fare simili elogi pubblici (anche se, va ricordato, Berlusconi è uno dei principiali finanziatori del San Raffaele). A una lettura più attenta, tuttavia, ci si accorge che don Verzé elogia il ‘passato’ di Berlusconi self made man e non il ‘presente’, al quale è invece riservato un laconico “statista di fama mondiale”, come in fondo di fama mondiale sono Chávez, Putin, Kim Jong Il.
Ho da capire meglio cosa don Verzé possa intendere con “per amore di patria e solo per amore di patria”. Ora vo a far due passi per schiarirmi le idee.
sabato 13 marzo 2010
Domande phastidiose 2
Primo: non capisco perché Tremonti parli di governi al plurale e di finanza al singolare.
Secondo: chi sono questi governi di preciso? Quelli europei, immagino. Se sì, rientra fra questi anche quello greco?
Terzo: perché il ministro non fa un esempio preciso, dei nomi e, soprattutto, le ragioni per cui la finanza si comporta così? Forse perché se la finanza facesse "cadere" quei governi che le han prestato soldi, allora essa non sarebbe tenuta più a restituirli?
Coincidenze
Dopo son venuto qui davanti e ho visto questa notizia.
E poi questa.
Ancora sul riso degli angeli
Tutto si dissolve, ebbi la forza di annientare ogni possibile nozione, così come, in un impeto di rabbia, si rompono dei vetri. Poi, non sapendo cosa fare, imbarazzato dalla scenata, mi chiusi al gabinetto.
Nel momento di una passione senza oggetto, cantai, ma lentamente, come per sotterrare il mondo, ma gioiosamente, sull'aria maestosa del Te deum:
NIL A ME DIVINI ALIENUM PUTO
Tirai lo sciacquone e, coi calzoni giù, ritto in piedi, mi misi a ridere come un angelo».
Georges Bataille, L'abate C., [1949?], Bollati Boringhieri, Torino 1992 [trad. Roberta Ferrara].
venerdì 12 marzo 2010
Come dolce mirto (il riso degli angeli)
«Se i grandi della terra potessero tuonare quanto Giove in persona, Giove non avrebbe più un momento di pace, perché ogni piccolo ministro, per quanto insignificante, userebbe il suo cielo per i tuoni: e altro non vi sarebbe che tuoni! O cielo misericordioso, tu pure con il tuo fulmine aspro e sulfureo schianti la quercia nodosa e incrollabile e risparmi il dolce mirto. Ma l'uomo, nella sua superbia, indossata ch'egli abbia una breve autorità, tanto più ignaro proprio di quel che più crede di sapere - e cioè qual sia la natura del suo vitreo, fragile spirito - simile a una scimmia infuriata, compie al cospetto del sommo cielo di tali mirifici gesti da far piangere gli angeli, i quali, se avessero la nostra milza, morirebbero dal ridere».
William Shakespeare, Misura per misura, BUR, Milano 1988 (trad. Gabriele Baldini).
giovedì 11 marzo 2010
Includere, escludere
Poiché la legge prescrive al richiedente la conoscenza della lingua nazionale, fu respinto. Ritornato dopo tre mesi trascorsi in ulteriori studi ma ancora a disagio per l'ignoranza della nuova lingua, gli posero la domanda: chi fu il generale che vinse nella guerra civile? La sua risposta fu: 1492.
[...] Mandato via di nuovo e ritornato una terza volta, alla terza domanda: quanti anni dura in carica il presidente? Rispose di nuovo: 1492. Orbene il giudice, che aveva simpatia per l'uomo, capì che non poteva imparare la nuova lingua, si informò sul modo come viveva e venne a sapere: con un duro lavoro. E allora alla quarta seduta il giudice gli pose la domanda: quando fu scoperta l'America? E in base alla risposta esatta, 1492, l'uomo ottenne la cittadinanza».
Bertolt Brecht, Poesie, Einaudi, Torino 2005.
Traggo questo Esame per ottenere la cittadinanza o Il giudice democratico dalla raccolta di testi che Gustavo Zagrebelsky riporta a corollario del suo libello Imparare democrazia, Einaudi, Torino 2007. L'insigne giurista italiano introduce questa lettura dicendo che essa presenta un esemplare atteggiamento democratico di inclusione del più debole nel gioco della res publica.
Ora, non vorrei confondere il culo con le quarant'ore, ma vorrei premunire i valletti berlusconiani a non azzardarsi a passare questo testo nelle mani del loro Principale ché anche i più sprovveduti si accorgerebbero che, nel caso specifico, si tratterebbe di includere un prepotente (perdipiù maleducato).
A margine poi, vorrei accostare questo testo con quanto racconta Federica
sulla cacciata, a Pordenone, di un insegnante (supplente) perché parlava, a volte, la sua lingua in classe.
Senza rimorso
Merda nel mio cuore
Dio si spande
ride
irradia
inebria il cielo
il cielo canta a squarciagola il cielo canta
la folgore canta
gli occhi asciutti
il silenzio spezzato della merda nel cuore
Se un glande godendo generasse l'universo, lo farebbe così com'è: ci sarebbero nella trasparenza del cielo, sangue, grida, fetore.
Dio non è un prete, ma un glande: papà è un glande.
la mia crepa è un amico
dagli occhi di vino pregiato
e il mio delitto è un'amica
dalle labbra di acquavite
mi masturbo di uva
mi strofino di mela
Georges Bataille, da Tutti i romanzi (a cura di Guido Neri), Bollati Boringhieri, Torino 1992
mercoledì 10 marzo 2010
Dividere l'Italia
Berlusconi è come un pizzo, un'estorsione continua al buon senso, al quieto vivere, alla pace intellettuale, al pensiero lanciato verso problemi più seri e urgenti da affrontare, foss'anche guardare dentro le tonache dei sacerdoti. Ma quest'uomo lo impedisce, è una piaga, è un verme solitario infilato nei nostri intestini che ci divora, ci fa perdere tempo, ci rende grama la vita. Ma perché a questo pezzo di mondo mediterraneo è toccato in sorte questa indecenza (volevo dire: questo pezzo di... ma lasciamo perdere)? Etruschi, popoli Latini, Romani, barbari, papalini, corti varie e granduchi, e regni e repubbliche marinare; e risorgimenti, guerre, dittatura, resistenza, referendum, repubblica, quarant'anni di democrazia cristiana, Craxi, grigi compagni del Pci, storia storia storia per avere che? Certo che stanno meglio i greci sull'orlo della catastrofe finanziaria! Lo so che al netto della mia vita privata niente cambia con lui o senza di lui e che i problemi e le ingiustizie da affrontare sono altre (vedi Tommy, vedi Phastidio). Ma, allo stesso tempo, questo groppo in gola, quest'impedimento alla spensieratezza è cattiva distrazione dalle cose più urgenti per le quali vale la pena pensare, vivere. Mi fermo. Chiudo le imposte. Lascio fuori la neve, non prima di tracciare un segno giallino sulla stessa: comincio a marcare il territorio.
¹I terzisti son pregati di andare a San Marino.
martedì 9 marzo 2010
Filastrocca della piazza radunata
ci passò una lepre pazza.
Berlusconi disse: “Ora vo”.
Il suo pollice alzò
col suo indice accusò
con il medio la indicò
con l'anulare l'acchiappò.
Molta gente radunò
ma solo lui se la mangiò
mentre il popolo, poverino,
leccò solo il travertino.
lunedì 8 marzo 2010
Don't Cry for Me, Argentina
Jorge Luis Borges, Il manoscritto di Brodie, Adelphi, Milano 1999
Il brano riportato è tratto dall'epilogo del racconto L'intrusa. Il post è stato ispirato da questa notizia internazionale. La donna (l'intrusa) “tristemente sacrificata” è la democrazia.
Il popolo dell'Egoarca
Buona lettura, se vi va.
domenica 7 marzo 2010
Esami di moralismo
« - Lei è moralista? Esprima un giudizio ironico sugli italiani.
- Sono dei dongiovanni sul piede di casa che all'estero si lamentano del cattivo caffè e a casa consumano più brillantina che carta.
- Bene. Definisca scherzosamente la situazione politica in Italia.
- La situazione politica in Italia è grave ma non è seria.
- Ne dia un giudizio più amaro.
- Sono un sincero democratico, ma certe cose mi fanno arrossire di rabbia e di vergogna: penso, pertanto, che gli italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura».
Ennio Flaiano, Diario notturno (Taccuino 1954), Adelphi, Milano 1994.
sabato 6 marzo 2010
Riguadagnare la fiducia
Andreas Gursky, "Pyongyang I", 2007. Chromogenic print. Framed: 120 3/4 x 84 3/4 x 2 1/2 inches, (307 x 215.5 x 6.2 cm). ©Andreas Gursky / VG Bild-Kunst, Bonn 2010.
Per riguadagnare un po' di fiducia e consenso popolare (sempre che l'abbiano perso), il Presidente Capocomico e le sue spalle ministeriali dovrebbero provare ad attuare questa lungimirante politica monetaria che per qualche settimana, di sicuro, galvanizzerebbe una popolazione alle prese con un sempre minore potere di acquisto.
Mi domando solo una cosa: se ciò avvenisse (cioè, da mille euro al mese si passasse, come d'incanto, a diecimila euro al mese), cosa acquisteremmo noi italiani al posto di una bicicletta cinese?
venerdì 5 marzo 2010
Il pappagallo azzurro 2*
di quello che resta contentarsi.
Come un pappagallo del suo osso
di seppia incastrato alla gabbia
mi metto a parlare come un automa
con una voce non mia
ché di mio resta ben poco visto
che non posso modificare
con un decreto personale
le mie sbagliate azioni
le mie cazzate
i miei sputi per strada
quando vedo passare persone sospette
in odore di vuoto.
Spero solo che il padrone
non si dimentichi di me
e mi porti ancora acqua e panico
e ogni tanto sgomberi la merda
che produco pensando a lui.
*Qui l'1.
Mi dispiace Adriano: io non ho capito
«Di fronte a questo rovesciamento, vittimismo di maggioranza più schiacciamento delle minoranze, che cosa fa una minoranza attaccata alla democrazia, alla legalità e ai diritti, come quella che tu [Emma] rappresenti, non nel Lazio, dove sei ora la candidata di uno schieramento molto più vasto, ma in tutto il paese? Certo, si batte strenuamente per il proprio diritto, denuncia con la stupidità di una legge come quella elettorale l'impudenza della sua violazione, esige in ogni sede istituzionale il controllo di legalità: bene. Ma tu stessa spieghi che la difesa del tuo diritto vale per il diritto di tutti. Il pasticcio delle liste, frutto misto di un'insipienza gonfiata dall'abitudine a fottersene e farla franca, è affare di gruppi dirigenti che se la sono cercata. Ma è anche affare di un gran numero di cittadini frustrati nella propria intenzione di voto o disgustati da una confusione meschinissima, così da alimentare il paradossale vittimismo di maggioranza sul quale soffia la leadership del centro-destra».
Bene, io - perdonatemi - non ho capito cosa stia chiedendo Adriano a Emma. Cioè, se il cittadino elettore dell'attuale maggioranza si riconoscesse minimamente nelle implacabili verità che Sofri ha descritto dianzi (che vi prego di cercare e leggere ché ancora non riesco a reperirlo in rete), non capisco proprio come costui poi si faccia infinocchiare dal suddetto vittimismo e, invece, non mandi a fare in culo i vertici del suo partito di riferimento (cosa che, di contro, gli elettori del centro-sinistra sanno fare benissimo coi propri dirigenti).
Ma continuo la lettura per vedere se sono io a sbagliare:
«Che campagna elettorale sarebbe quella che non trovasse di fronte a sé altro se non la rabbia, il risentimento o il rigetto di un elettorato senza rappresentanza? Penso che la minoranza cui tu appartieni, e tutto lo schieramento che oggi è all'opposizione, e in primo luogo il Pd, debba sentirsi oggi responsabile dell'intero elettorato italiano, compreso l'elettorato di centro-destra tradito dall'insipienza e dall'arroganza di quei suoi dirigenti che ora vorrebbero volgere il loro guazzabuglio in un senso popolare di persecuzione, di espropriazione e di rancore».
Bene, ci siamo: ecco, forse, Sofri si appresta a chiedere esplicitamente che la Bonino e il Pd appoggino il Governo che cerca di porre rimedio alle malefatte di alcuni suoi quadri di partito. Invece,
«Che un redde rationem nel centrodestra sia imminente è probabile, benché non prima delle regionali. Berlusconi vorrà arrivarvi rincarando il vittimismo di maggioranza che è la sua principale invenzione, con l'appendice da fotoromanzo di amore successo invidia e compagnia brutta. L'opposizione, a cominciare dai protagonisti della gara elettorale, faccia sentire a tutto l'elettorato il proprio schietto rammarico per una competizione falsata, accanto alle ragioni rigorose dell'osservanza delle regole».
E quindi? Sì al decreto oppure no?
«All'improvviso, il berlusconismo, pronto giorno e notte a dare il suo regno per un cavillo processuale, si scopre affezionato alla sostanza e insofferente di “cavilli” in una bazzecola come la legge elettorale. Nessun partito di opposizione che non voglia suicidarsi e farsi complice del colpo di grazia alla democrazia in Italia potrebbe spingersi, non dico a concordare, ma anche a restare passivo di fronte a un decreto legge che cambi retroattivamente la legge elettorale, magari in nome della piazza. Ci sono tribunali e giudici deputati a decidere».
Allora la Bonino e il Pd devono respingere qualsiasi soluzione per decreto vero? Capisco così? Leggo male? Eppure prima sembrava alludere alla responsabilità che radicali e centrosinistra dovrebbero assumersi per far votare gli elettori del centrodestra... ma come se non appoggiare in qualche modo il Governo? Sono io che non capisco? Vediamo il finale:
«Se lo sport professionale non fosse diventato una controfigura e a volte un'avanguardia della degradazione della politica si potrebbe evocare perfino la sportività. Quella che si augura di vincere e comunque, di partecipare a una gara leale, che rispetta la tifoseria altrui, che gioca secondo le regole e butta fuori la palla quando un avversario è a terra. Anche quando a buttarlo giù sia stato lo sgambetto di uno dei suoi, troppo fesso o troppo furbo, o tutt'e due».
Mi dispiace Adriano: la tua lettera è meravigliosa ma io, mi dispiace, non ho capito se Emma B e il Pd debbano (e come) buttare la palla in fallo laterale per far rientrare l'avversario.
P.S. 6 marzo
L'eccitante Blog dei feticisti di Repubblica ha segnalato questo post. Grazie Pazzo.