mercoledì 3 marzo 2010

I filosofi e il potere

In un suo prezioso post, Tommy David parla di come i filosofi, oltre a porre domande, spesso provino anche (a volte con successo) a dare risposte (mi scuso per la, forse, non pertinente sintesi). Come tutti gli scritti meditati, anch'esso offre spunti, suggestioni. A me è venuta in mente questa. Che i filosofi, nonostante le loro risposte (o sentenze), sono, in fondo, lontani dalla prassi politica (Cacciari, che ora è a fine mandato di sindaco è un'eccezione; Buttiglione... lasciamo perdere). Quanto meno, essi sono lontani dall'influenzare concretamente l'agire politico e, di conseguenza, dal guidare le sorti del mondo. I filosofi, insomma, non sono in nessun posto chiave dei luoghi di potere. La Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, i vari Commissari dell'Unione Europea, in Giappone, in India, in America, a Silicon Valley, a Dubai, a Mosca, a Gerusalemme, tra i dirigenti del Partito Comunista Cinese... nessun filosofo all'orizzonte. E poi: c'è per caso qualche filosofo, analitico o continentale, che abbia un potere paragonabile a quello di qualche predicatore cristiano, islamico, ebraico, buddista o a qualche governatore centrale? No, purtroppo. Oggi, Aristotele, sarebbe disoccupato (come Descartes, Voltaire, ecc.), o tuttalpiù scriverebbe inutili best-seller o, peggio ancora, terrebbe corsi universitari¹, o risponderebbe in teleconferenza da Brescia alle domande della bella Lilli Gruber; oppure, nella migliore delle ipotesi, aprirebbe un blog².

¹Se fosse fortunato andrebbe, altresì, a tenere lezioni in qualche liceo.
²Quando Lilli mima le virgolette con le mani alzate mi fa impazzire: se fossi suo ospite gli appiccicherei un bacio fulmineo sulle sue splendide labbra.

3 commenti:

Tommy ha detto...

Caro Luca,
un mio certo pessimismo antropologico di fondo mi tratterrebbe dal facile pensiero che coi filosofi al potere le cose possano andare meglio. Non credo accadrebbe; e perché gli uomini son sempre uomini e perché i filosofi sono altrettanto uomini - coi loro incoercibili interessi.

E tuttavia anch'io talvolta mi abbandono alla fantasia di un governo più filosofico. Prenderebbe l'orrenda forma della Repubblica platonica? In realtà Platone stesso preferì far da consigliere al tiranno Dionigi, strada seguita da Aristotele (con più successo?) con il non meno tirannico Alessandro. Credo che col loro esempio codesti filosofi abbiano indicato una possibile strada da seguire; mal che vada si può dire - non fu colpa mia, non fu merito mio, ma del mio allievo politico. :-D

P.S. Dimentichi di annoverare, tra i filosofi al potere, il ministro della cultura e la ministra del turismo.

Luca Massaro ha detto...

Caro Tommy,
noto con piacere come postare idee confuse serva poi a farmele chiarire con commenti come il tuo qui sopra.

Grazie, infine, di aver corretto la mia dimenticanza, rammentando il ministro poeta la ministra del moulin rouge

paopasc ha detto...

Non condivido fino in fondo certe idee pessimistiche. L'umanità presenta una variabilità comportamentale troppo ampia per escludere a priori la presenza di qualcuno capace di resistere ai richiami più sordidi del potere.
Quello che è vero invece è che l'insufficiente fardello culturale impedisce di operare al di là della semplice apparenza. Le strategie minimali che i politici del marketing mettono in atto sono di un retorico che sconsola, eppure fanno presa. L'indifferenza gnoseologica fa il resto.
E poi, se pure tra chi intellige alligna l'ostacolo del cinismo, siamo malmessi.