lunedì 6 gennaio 2014

Tutto, nel settantasettenne

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«Tutto, nel ventisettenne, si confaceva al suo attuale modo d'essere; obbediva alla sua vocazione coltivando la filantropia, unica espressione atta a definire il filantropo. Théodose amava il popolo perché il suo amore prescindeva dall'umanità. Come gli orticultori si dedicano alle rose, alle dalie, ai garofani, ai pelargonii e non prestano alcuna attenzione alle specie che non hanno scelto per il proprio capriccio, questo giovane La Rochefoucauld-Liancourt apparteneva agli operai, ai proletari, alle miserie dei faubourgs Saint-Jacques e Saint-Marceau. L'uomo di polso, il genio agli estremi, i poveri vergognosi del ceto borghese li espelleva dal grembo della carità. In tutti i maniaci il cuore somiglia a quelle scatole a scomparti in cui si ripongono i confetti divisi per qualità; il suum cuique tribuere è la loro massima e somministrano a ogni dovere la sua dose. Vi sono filantropi che si commuovono solo sugli errori dei condannati. Alla base della filantropia sta certo la vanità; ma nel giovane provenzale era calcolo, partito preso, ipocrisia liberale e democratica recitata con una perfezione a cui nessun attore saprebbe giungere. Non attaccava i ricchi, si limitava a non capirli, li sopportava; ciascuno, a suo dire, doveva trarre profitto dalle proprie opere; era stato, diceva, fervente discepolo di Saint-Simon ma tale colpa andava attribuita all'eccessiva giovinezza: la società moderna non poteva basarsi altro che sul principio ereditario. Fervente cattolico […] andava a messa prestissimo e teneva celata la propria devozione. Simile alla maggior parte dei filantropi era d'una avarizia sordida e ai poveri dava solo il suo tempo, i suoi consigli, la sua eloquenza e il denaro che strappava per loro ai ricchi.»
Honoré de Balzac, I piccoli borghesi, cap. VII, “Un ritratto storico”, Einaudi, Torino (traduzione di Luciano Tamburini).

P.S.
La suggestione filantropica scaturisce da qui.

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