(ore di crimini)
Quanto, quest'anno, papaveri vi ho
trascurati
e quasi nemmeno sfiorati con l'alito,
i miei occhi bassi hanno ignorato
chissà
quali vostri mirabili pegni, amistà
*
Poco vi siete fatti noti, papaveri
sparsi o pavidi sotto un cielo
perennemente fosso, scosso, ostico
quanto doveste armarvi contro gelide
ignavie
*
O rosso improvviso, fortissimo grido
ma più d'aiuto che altro –
già tossiche allegrie spinte a una
qualche sfida
*
Quanto poco quest'anno papaveri
vi ho lasciati trascorrere nei miei
formulari
tra ideogrammi e monogrammi avari –
sempre più scarto il tempo, scorsoio
l'essere
*
In che ho peccato per questo abbandono?
In che peccaste così defilandovi?
In che peccò il cielo che vi squarciò
col tuono?
*
Altri sentieri seguo, altri disegni in
cui sbavo
lungo un mio declinante afrore-amore
non mi raccolgo con voi, a piccoli
patti,
non m'allontano con voi di
soppiatto
*
Addio non posso dirvi, ché nessun
dialogo
intrecciai con vostri steli e petali,
né cenni vostri scegliere seppi,
nel mio stupore stolido, pago
Andrea Zanzotto, Inediti, in
Le poesie e le prose scelte, Meridiani
Mondadori, Milano 1999.
Papaveri, quest'anno, prometto, appena vi vedrò, di voi mi prenderò cura. Soffierò un po' d'alito sui vostri petali tremolanti e, se necessario, come appoggiando le labbra sulle spalle del proprio amore, vi bacerò, silente, annusandovi. E se quanto promettete nel colore sarà vero, sarà per me un piacere manducarvi.
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