«Il
valore di scambio appare in tal modo come determinazione naturale
sociale dei valori d'uso, come determinazione che spetta a questo in
quanto cose, e a causa della quale nel processo di scambio essi si
sostituiscono a vicenda secondo determinati rapporti quantitativi,
costituiscono equivalenti, allo stesso modo che le sostanze chimiche
semplici si combinano secondo determinati rapporti quantitativi,
costituendo equivalenti chimici. È soltanto l'abitudine della vita
quotidiana che fa apparire come cosa banale, come cosa ovvia che un
rapporto di produzione sociale assuma la forma di un oggetto, cosicché il rapporto fra le persone nel loro lavoro si presenti
piuttosto come un rapporto reciproco fra cose e fra cose e persone.
Nella merce questa mistificazione è ancor molto semplice. Tutti più
o meno capiscono vagamente che il rapporto delle merci quali valori
di scambio è piuttosto un rapporto fra le persone e la loro
reciproca attività produttiva. Nei rapporti di produzione di più
alto livello questa parvenza di semplicità si dilegua. Tutte le
illusioni del sistema monetario derivano dal fatto che dall'aspetto
del denaro non si capisce che esso rappresenta un rapporto di
produzione sociale, se pure nella forma di una cosa naturale di
determinate qualità. Presso gli economisti moderni i quali sdegnano
sghignazzando le illusioni del sistema monetario, fa capolino questa
medesima illusione, non appena essi maneggino categorie economiche
superiori, ad esempio il capitale. Essa irrompe nella confessione di
ingenuo stupore quando ora appare come rapporto sociale ciò che essi
goffamente ritenevano di fissare come cosa, e ora li stuzzica di
nuovo come cosa ciò che avevano appena finito di fissare come
rapporto sociale.»
Karl
Marx, Per la critica dell'economia politica, cap. I, La
merce
Da
un po' di tempo, diciamo dai tempi in cui il capitalismo ha preso le
redini della produzione, il lavoratore produce, per conto di chi acquista la sua forza-lavoro, merci atte a essere scambiate, non usate da lui medesimo; purtroppo, se la merce prodotta non incontra i favori del mercato o, altresì, se la stessa merce viene ottenuta da altri lavoratori in altri luoghi con minori costi , il lavoratore – che di necessità, per garantirsi i
mezzi per sopravvivere, aveva messo in vendita la sua forza-lavoro – viene ristrutturato, cassaintegrato e infine, con ogni probabilità, licenziato. E nel caso si incazzasse e rivendicasse il diritto di riprendere parte della merce che ha prodotto, si accorge che il valore che essa contiene, sia esso di scambio o di uso, non restituisce in pieno la fatica del suo lavoro, soprattutto se è una Bravo turbodiesel che appena ci metti il culo sopra si svaluta diecimila euro – e Marchionne, porcodeltuoiddio, ti saluto.
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