sabato 25 gennaio 2014

I lavoratori fantasma

«Il valore di scambio appare in tal modo come determinazione naturale sociale dei valori d'uso, come determinazione che spetta a questo in quanto cose, e a causa della quale nel processo di scambio essi si sostituiscono a vicenda secondo determinati rapporti quantitativi, costituiscono equivalenti, allo stesso modo che le sostanze chimiche semplici si combinano secondo determinati rapporti quantitativi, costituendo equivalenti chimici. È soltanto l'abitudine della vita quotidiana che fa apparire come cosa banale, come cosa ovvia che un rapporto di produzione sociale assuma la forma di un oggetto, cosicché il rapporto fra le persone nel loro lavoro si presenti piuttosto come un rapporto reciproco fra cose e fra cose e persone. Nella merce questa mistificazione è ancor molto semplice. Tutti più o meno capiscono vagamente che il rapporto delle merci quali valori di scambio è piuttosto un rapporto fra le persone e la loro reciproca attività produttiva. Nei rapporti di produzione di più alto livello questa parvenza di semplicità si dilegua. Tutte le illusioni del sistema monetario derivano dal fatto che dall'aspetto del denaro non si capisce che esso rappresenta un rapporto di produzione sociale, se pure nella forma di una cosa naturale di determinate qualità. Presso gli economisti moderni i quali sdegnano sghignazzando le illusioni del sistema monetario, fa capolino questa medesima illusione, non appena essi maneggino categorie economiche superiori, ad esempio il capitale. Essa irrompe nella confessione di ingenuo stupore quando ora appare come rapporto sociale ciò che essi goffamente ritenevano di fissare come cosa, e ora li stuzzica di nuovo come cosa ciò che avevano appena finito di fissare come rapporto sociale.»
Karl Marx, Per la critica dell'economia politica, cap. I, La merce


Da un po' di tempo, diciamo dai tempi in cui il capitalismo ha preso le redini della produzione, il lavoratore produce, per conto di chi acquista la sua forza-lavoro, merci atte a essere scambiate, non usate da lui medesimo; purtroppo, se la merce prodotta non incontra i favori del mercato o, altresì, se la stessa merce viene ottenuta da altri lavoratori in altri luoghi con minori costi , il lavoratore – che di necessità, per garantirsi i mezzi per sopravvivere, aveva messo in vendita la sua forza-lavoro – viene ristrutturato, cassaintegrato e infine, con ogni probabilità, licenziato. E nel caso si incazzasse e rivendicasse il diritto di riprendere parte della merce che ha prodotto, si accorge che il valore che essa contiene, sia esso di scambio o di uso, non restituisce in pieno la fatica del suo lavoro, soprattutto se è una Bravo turbodiesel che appena ci metti il culo sopra si svaluta diecimila euro  e Marchionne, porcodeltuoiddio, ti saluto.

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