giovedì 7 gennaio 2010

Modalità della fede

«Sotto il profilo religioso, politico o personale, il concetto di fede può assumere due significati completamente diversi, secondo come è usato, se nel senso dell'avere o in quello dell'essere. Nel quadro della prima modalità, la fede è il possesso di una risposta per la quale manca ogni prova razionale; essa consiste di formulazioni elaborate da altri, che si accettano perché ci si sottomette a questi altri, di solito una burocrazia. La risposta dà la sensazione di certezza a causa del potere, effettivo o soltanto immaginario, della burocrazia. Essa rappresenta il biglietto d'ingresso per unirsi a un vasto gruppo, e solleva chi ne è in possesso del gravoso compito di pensare da solo e di prendere decisioni. Si diventa cioè beati possidentes, i felici detentori della vera fede. Secondo la modalità dell'avere, questa conferisce certezza; proclama di fornire una conoscenza definitiva, incrollabile, credibile per il fatto che il potere di coloro che promulgano e difendono la fede sembra anch'esso incrollabile. E in effetti, chi non opterebbe per la certezza, se tutto ciò che si richiede consiste nel rinunciare alla propria indipendenza?
[...]
«Secondo la modalità dell'essere, la fede è una manifestazione affatto diversa. si può vivere senza fede? Il lattante non deve avere fede nel seno materno? Non dobbiamo forse noi tutti avere fede in altri esseri, in coloro che abbiamo e in noi stessi? Possiamo vivere senza riporre fede nella validità di norme che guidino la nostra vita? In realtà, senza fede diveniamo sterili, disperati, timorosi fino alla radice stessa del nostro essere.
La fede secondo la modalità dell'essere non consiste in primo luogo nel credere a certe idee (benché possa essere anche questo), ma è un orientamento intimo, un atteggiamento. Sarebbe meglio dire che una persona è nella fede, invece che ha fede. [...] Si può essere in fede verso se stessi e verso altri, e un individuo religioso può esserlo verso Dio. [...]
La fede che ripongo in me stesso, in un altro, nell'umanità, nella nostra capacità di assurgere a piena umanità, implica del pari certezza, ma una certezza che si fonda sulla mia propria esperienza, non sulla mia sottomissione a una autorità che impone una certa credenza. È la certezza di una verità che non può essere provata mediante dati di fatto razionalmente cogenti, bensì di una verità della quale sono certo a causa della mia evidenza esperienziale, soggettiva».

Erich Fromm, Avere o essere?, Mondadori, Milano 1977

2 commenti:

Weissbach ha detto...

"È la certezza di una verità che non può essere provata mediante dati di fatto razionalmente cogenti, bensì di una verità della quale sono certo a causa della mia evidenza esperienziale, soggettiva"

Un empirista non ci vedrebbe opposizione...

filippo massaro ha detto...

l'unica fede in cui sperare, anzi l'unico Fede in cui sperare, per me resta sempre Emilio