«La sala si sta riempiendo. Sedute sulla cassapanca, in abiti da sera casalinghi, le figlie di impiegati e commercianti stanno con le madri, a lumare¹ gli abiti delle figlie di industrialotti. Gli uomini hanno un'aria vissuta; guardano le donne con distaccata competenza. Sono rappresentanti, industrialotti, piccoli commercianti, artigiani, tutti con aria di viveur. Parecchi hanno la figliola vicino. È il suo primo ballo!
Cominciano le danze.
Ecco la figlia di un avvocato, celebre per avere fatto perdre una causa a Racalmuto, ballare con un ufficialetto. Qui è la figlia di Racalmuto che balla col figlio di un industrialotto. Buonassera. Claudia Buccia, una romantica ragazza, poetessa e musicofila, figlia di un industrialotti di guàrdoli², educata nei migliori collegi svizzeri, che sta ballando col suo moroso, il geometra Tozzi, figlio di agricoltori e impresario edile. Dottore? Buonassera. Ecco Gianni Dondi, rappresentante dell'Alfa, che sta mostrando i pieghevoli automobili a un industriale. Buonassera.
Mi si avvicina il conte Asso, rappresentante di gomma:
- Dottore?
- Buonassera.
- Come sta, dottore?
- Tiriamo a campare!
Il conte fa una smorfia:
- Quello che lei ha detto, dottore, mi permetta, è un motto che non mi piace. Ci si sente tutta la disperazione del Meridione.
- Uhm!
- Sa chi mi ha scritto? Indovini!
- Chi le ha scritto?
- Sua Maestà.
- Davvero?
- Proprio, - disse il conte, commosso. - Il principino gli sta dando dispiaceri, il principino!
- Uhm!
- Dottore, se ha bisogno di me, a sua disposizione.
- Grazie.
Dopo un momento di silenzio pensieroso, il conte mi invita per domattina alla Sforzesca, a sentire la messa, detta da un vescovo non so più di dove.
- Lei, dottore, deve venirci. Io sono sicuro che lei non ha mai visto celebrare una messa come la recita quel monsignore...
- No...
- Guardi. Io ho sentito messe dette da cardinali; anche da Sua Santità. Bisogna proprio dire che c'è una differenza di stile.
- Ma come la recita?
- Venga domani che vedrà. Ci viene?
- Ho impegni.
- Si disimpegni.
- Non posso.
- Lei non sa quello che perde, dottore.»
Lucio Mastronardi, Il meridionale di Vigevano, Einaudi, Torino 1964
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