Ecco, potremmo iniziare chiedendoci se l'assenza di altri strumenti, di altre possibili vie percorribili, sia reale o presunta. Oppure analizzare come hanno affrontato il problema gli altri paesi europei e con quali esiti, se l'integrazione - in questo caso scolastica - è avvenuta, a quali costi, etc., ed individuare una soluzione adatta per la nostra realtà. Insomma preferirei che la questione venisse affrontata complessivamente, con una maggiore serietà e continuità, con una reale intenzione di risoluzione dei conflitti e miglioramento sociale piuttosto che a colpi di norme e divieti che a poco portano. Perché una delle falle della nostra politica è proprio quella dei continui aggiustamenti senza una prospettiva a medio-lungo termine, senza un programma di intervento complessivo. Un esempio: attualmente il numero degli alunni extracomunitari è attorno al 6,5% con una forte disomogeneità a livello territoriale, fenomeno che ha portato all'istituzione di classi definite "ponte" e ad un tetto numerico di alunni extracomunitari nelle singole classi. Questi due singoli provvedimenti invece di rafforzare l'istituzione scolastica per renderla maggiormente capace di rispondere ai nuovi bisogni si limitano all’aspetto grossolano - quello numerico – senza una qualsiasi capacità previsionale – da una parte l’obbligo scolastico ed il numero sempre maggiore di alunni senza cittadinanza italiana e dall’altra l’assenza di strumenti/risorse ad hoc. Non vorrei concludere con una nota pessimista ma è forse illusorio pensare che se a scuola le ragazze non indosseranno il burka ma il chador o semplicemente il velo qualcosa cambi nella loro percezione della realtà. Chiedo scusa per la prolissità dello scritto.
3 commenti:
E' inquietante che la logica del divieto sia l'unica via percorribile.
Sì, è inquietante. Ma come fare diversamente?
Ecco, potremmo iniziare chiedendoci se l'assenza di altri strumenti, di altre possibili vie percorribili, sia reale o presunta.
Oppure analizzare come hanno affrontato il problema gli altri paesi europei e con quali esiti, se l'integrazione - in questo caso scolastica - è avvenuta, a quali costi, etc., ed individuare una soluzione adatta per la nostra realtà.
Insomma preferirei che la questione venisse affrontata complessivamente, con una maggiore serietà e continuità, con una reale intenzione di risoluzione dei conflitti e miglioramento sociale piuttosto che a colpi di norme e divieti che a poco portano. Perché una delle falle della nostra politica è proprio quella dei continui aggiustamenti senza una prospettiva a medio-lungo termine, senza un programma di intervento complessivo.
Un esempio: attualmente il numero degli alunni extracomunitari è attorno al 6,5% con una forte disomogeneità a livello territoriale, fenomeno che ha portato all'istituzione di classi definite "ponte" e ad un tetto numerico di alunni extracomunitari nelle singole classi. Questi due singoli provvedimenti invece di rafforzare l'istituzione scolastica per renderla maggiormente capace di rispondere ai nuovi bisogni si limitano all’aspetto grossolano - quello numerico – senza una qualsiasi capacità previsionale – da una parte l’obbligo scolastico ed il numero sempre maggiore di alunni senza cittadinanza italiana e dall’altra l’assenza di strumenti/risorse ad hoc.
Non vorrei concludere con una nota pessimista ma è forse illusorio pensare che se a scuola le ragazze non indosseranno il burka ma il chador o semplicemente il velo qualcosa cambi nella loro percezione della realtà.
Chiedo scusa per la prolissità dello scritto.
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