giovedì 15 ottobre 2009

Tempi ritrovati

Stasera mi sento perso, poco propenso a calmarmi con frasi, calembour, mirabili immagini. Trepido, mi sento come l'Italia in balia della maggioranza degli italiani, in particolare in balia dell'italiano medio basso che guida la presidenza del consiglio dei ministri. Ho letto l'articolo di Gustavo Zagrebelsky, La democrazia deligittimata: stupendo, ma non servirà a nulla, anche perché il finale, seppur auspicabile, è un po' deludente. Ma non voglio parlare di questo. Voglio parlare invece di come l'individuo, a volte, si senta accerchiato e non veda vie di scampo. Di più: di come il cerchio velocemente si stringa e lo soffochi se, rapido, non trova un pertugio, una via d'uscita minima. Io la trovo spesso qui, ma non ora, non stasera.

Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia
da te.

E l'inferno è certo.




La partitura montaliana è per me una calda compressa confortante. Un occhio mi si chiude e vaga nei dintorni del lago artificiale che vide un tempo recitati questi versi a voce alta nella solitudine, tra gracidii di rane e ginestre. Lo so, il tempo non esiste se non nella nostra immaginazione. Il tempo è una scusa per ricordare che si è stati felici, un tempo. Ai tempi di Craxi imperante

Craxi a Calcutta
rutta rutta
un pranzo biascicato
al ritmo dello Stato.
Craxi a San Patrignano
applausi a spellamano
dalla platea dei cuccioli
del rigido, ma giusto, Muccioli.

Riecco la memoria riportarmi questi versi scritti senza uditorio: ora lo trovano, ma non trovano più il diretto interlocutore. Povero Craxi: quanto sarebbe stato meglio ragionare oggi con lui invece che col suo protetto. E mi chiedo, forse impropriamente ma non importa: se avesse previsto quello ch'è successo l'avrebbe potretto fino in fondo? L'avrebbe salvato dall'oscurità? Ma non dovevo parlare di lui, il rompicazzi, il tritapalle, il buono e giusto: “è veramente cosa buona e giusta” mi pare si dica in un passo della messa - ma non ricordo: quant'è che non vado a una messa? Ho smesso la messa da quando mi sono accorto che volevo replicare all'officiante: più facile interrompere Berlusconi che un prete all'altare. Allora uscii, non mi segnai, non presi l'acqua santa, presi aria. Vidi il mondo fuori ch'esisteva lo stesso e che non potevo restare lì a chiedere scusa di che? Di vivere? Tre seghe padre, quattro paternostri figliolo. Affare fatto. Cin cin. Le ragazze cin cin. Meno male che ai tempi delle mie seghe (ammesso e non concesso che siano finiti) non c'erano i mezzi e le possibilità che ci sono oggi, altrimenti sarei diventato cieco davvero. Le ore si dividevano in quattro cinque amici, e l'ultimo doveva scortecciare le pagine per vedere le meglio fighe. Che tempi. Erano tempi, come cantava Vecchioni. Ma stasera basta. S'è fatto tardi, un po' di strada l'ho ritrovata.

Nessun commento: