Cerco il segno E l'inferno è certo.
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La partitura montaliana è per me una calda compressa confortante. Un occhio mi si chiude e vaga nei dintorni del lago artificiale che vide un tempo recitati questi versi a voce alta nella solitudine, tra gracidii di rane e ginestre. Lo so, il tempo non esiste se non nella nostra immaginazione. Il tempo è una scusa per ricordare che si è stati felici, un tempo. Ai tempi di Craxi imperante
Craxi a Calcutta
rutta rutta
un pranzo biascicato
al ritmo dello Stato.
Craxi a San Patrignano
applausi a spellamano
dalla platea dei cuccioli
del rigido, ma giusto, Muccioli.
Riecco la memoria riportarmi questi versi scritti senza uditorio: ora lo trovano, ma non trovano più il diretto interlocutore. Povero Craxi: quanto sarebbe stato meglio ragionare oggi con lui invece che col suo protetto. E mi chiedo, forse impropriamente ma non importa: se avesse previsto quello ch'è successo l'avrebbe potretto fino in fondo? L'avrebbe salvato dall'oscurità? Ma non dovevo parlare di lui, il rompicazzi, il tritapalle, il buono e giusto: “è veramente cosa buona e giusta” mi pare si dica in un passo della messa - ma non ricordo: quant'è che non vado a una messa? Ho smesso la messa da quando mi sono accorto che volevo replicare all'officiante: più facile interrompere Berlusconi che un prete all'altare. Allora uscii, non mi segnai, non presi l'acqua santa, presi aria. Vidi il mondo fuori ch'esisteva lo stesso e che non potevo restare lì a chiedere scusa di che? Di vivere? Tre seghe padre, quattro paternostri figliolo. Affare fatto. Cin cin. Le ragazze cin cin. Meno male che ai tempi delle mie seghe (ammesso e non concesso che siano finiti) non c'erano i mezzi e le possibilità che ci sono oggi, altrimenti sarei diventato cieco davvero. Le ore si dividevano in quattro cinque amici, e l'ultimo doveva scortecciare le pagine per vedere le meglio fighe. Che tempi. Erano tempi, come cantava Vecchioni. Ma stasera basta. S'è fatto tardi, un po' di strada l'ho ritrovata.
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