mercoledì 6 ottobre 2010

Il pungiglione della morte

Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
La morte è stata ingoiata per la vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.


Paolo di Tarso, Prima lettera ai Corinzi, 15, 51-58.

Un paio di millenni fa, un signore molto ispirato, raccontò queste cose. Molti individui vi credono ancora (e anche a me, lo confesso, piacerebbe farlo). Ma proviamo a fare un esperimento mentale. Cioè poniamo che, finora, un tale tipo di racconto non fosse mai stato scritto e venisse un signore sulla quarantina, ispirato come Paolo e con lo stesso suo carisma "profetico", a dirci queste cose col conforto di una rapida diffusione mediatica. Bene, quanti individui sarebbero disposti a credergli? Credo in pochi, se non qualche sparuto gruppo di invasati. Com'è dunque che di fronte a certi temi come la morte,  nessuno (o quasi) avrebbe oggidì l'ardire, non dico pensare, ma di scrivere certe cose?

Ciò nonostante procedo ad una rapida autoanalisi: mi verifico e posso, più o meno in fede, affermare di aver abbastanza rivestito il mio corpo di incorruttibilità: superbo non lo sono, a volte la mia modestia raggiunge dei livelli parossistici; ti nemmeno, perlomeno non mi sento tale; invidioso? Bah, qualcuno invidierò di certo, ma le mie invidie non vanno ai miei contemporanei; goloso non direi proprio, proprio no; irascibile a volte, ma raramente, molto raramente proprio come le formiche che nel loro piccolo... Da questi cinque vizi mi sento abbastanza immune; cado un po' nella lussuria (mai abbastanza) e nell'accidia (non trovo il farmaco giusto). Dunque sono lì lì per compiere le scritture: ma la morte basta davvero questo per sconfiggerla? Cioè mi basterà essere un po' meno lussurioso e accidioso per avere la patente dell'immortalità?
Pensavo queste cose mentre sono uscito a fumarmi una American Spirit, quando sulla lampada dell'ingresso di casa mia vedo un calabrone ronzare vertiginosamente: mi spavento, prendo la scopa, lo colpisco, cade a terra, mi ci avvento con la suola delle scarpe e lo sfrittello finché spremo il suo olio motore da elicottero. Mi spiace un po', povera bestia, ma i pungiglioni mi sono sempre rimasti sui.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

sui...?

sulla morte: quando ci si libera del peso dell'aldilà la morte non è nient'altro che il nulla, ma ci guadagna la vita

non potendo sperare nell'altra vita, eterna, ci si tuffa in questa

non potrei morire di vita migliore

Baule ha detto...

Il discorso è interessante, ma l'inizio è anacronistico.
In quel tempo tutti aspettavano la salute dello pneuma. Oggi, al massimo, vogliono una Yahaha 1000.

Rasko ha detto...

Il discorso è anacronistico per altri motivi.

Chi scrive la Bibbia è un agiografo, un uomo del suo tempo insomma, mica Dio (questa è, fra le altre cose, una delle differenze più significative fra Bibbia e Corano. La prima inspirata da Dio e scritta dall'uomo, la seconda parola di Dio).

Se oggi Paolo da Tarso vandasse in televisione cosa direbbe?
Probabilmente qualcosa che convincerebbe parecchie persone, esattamente come a suo tempo. Ma direbbe cose "di oggi".