Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
La morte è stata ingoiata per la vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la legge. Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo! Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
Paolo di Tarso, Prima lettera ai Corinzi, 15, 51-58.
Un paio di millenni fa, un signore molto ispirato, raccontò queste cose. Molti individui vi credono ancora (e anche a me, lo confesso, piacerebbe farlo). Ma proviamo a fare un esperimento mentale. Cioè poniamo che, finora, un tale tipo di racconto non fosse mai stato scritto e venisse un signore sulla quarantina, ispirato come Paolo e con lo stesso suo carisma "profetico", a dirci queste cose col conforto di una rapida diffusione mediatica. Bene, quanti individui sarebbero disposti a credergli? Credo in pochi, se non qualche sparuto gruppo di invasati. Com'è dunque che di fronte a certi temi come la morte, nessuno (o quasi) avrebbe oggidì l'ardire, non dico pensare, ma di scrivere certe cose?
Ciò nonostante procedo ad una rapida autoanalisi: mi verifico e posso, più o meno in fede, affermare di aver abbastanza rivestito il mio corpo di incorruttibilità: superbo non lo sono, a volte la mia modestia raggiunge dei livelli parossistici; ti nemmeno, perlomeno non mi sento tale; invidioso? Bah, qualcuno invidierò di certo, ma le mie invidie non vanno ai miei contemporanei; goloso non direi proprio, proprio no; irascibile a volte, ma raramente, molto raramente proprio come le formiche che nel loro piccolo... Da questi cinque vizi mi sento abbastanza immune; cado un po' nella lussuria (mai abbastanza) e nell'accidia (non trovo il farmaco giusto). Dunque sono lì lì per compiere le scritture: ma la morte basta davvero questo per sconfiggerla? Cioè mi basterà essere un po' meno lussurioso e accidioso per avere la patente dell'immortalità?
Pensavo queste cose mentre sono uscito a fumarmi una American Spirit, quando sulla lampada dell'ingresso di casa mia vedo un calabrone ronzare vertiginosamente: mi spavento, prendo la scopa, lo colpisco, cade a terra, mi ci avvento con la suola delle scarpe e lo sfrittello finché spremo il suo olio motore da elicottero. Mi spiace un po', povera bestia, ma i pungiglioni mi sono sempre rimasti sui.
3 commenti:
sui...?
sulla morte: quando ci si libera del peso dell'aldilà la morte non è nient'altro che il nulla, ma ci guadagna la vita
non potendo sperare nell'altra vita, eterna, ci si tuffa in questa
non potrei morire di vita migliore
Il discorso è interessante, ma l'inizio è anacronistico.
In quel tempo tutti aspettavano la salute dello pneuma. Oggi, al massimo, vogliono una Yahaha 1000.
Il discorso è anacronistico per altri motivi.
Chi scrive la Bibbia è un agiografo, un uomo del suo tempo insomma, mica Dio (questa è, fra le altre cose, una delle differenze più significative fra Bibbia e Corano. La prima inspirata da Dio e scritta dall'uomo, la seconda parola di Dio).
Se oggi Paolo da Tarso vandasse in televisione cosa direbbe?
Probabilmente qualcosa che convincerebbe parecchie persone, esattamente come a suo tempo. Ma direbbe cose "di oggi".
Posta un commento