sabato 4 luglio 2009

Come può uno scolio arginare il mare

«Ognuno esiste per sommo diritto di natura, e, di conseguenza, per sommo diritto di natura ognuno fa quelle cose che seguono dalla necessità della sua natura. Perciò per sommo diritto di natura ognuno giudica che cosa sia bene e che cosa male, e provvede a modo suo alla propria utilità, e si vendica, e si sforza di conservare ciò che ama e di distruggere ciò che odia. Ché se gli uomini vivessero sotto la guida della ragione, ognuno fruirebbe di questo suo diritto senza danno alcuno per gli altri. Ma poiché sono soggetti ad affetti che di gran lunga superano la potenza o virtù umana, perciò sono spesso tirati in diverse direzioni e sono contrari tra di loro, mentre hanno bisogno di aiuto reciproco. Affinché dunque gli uomini possano vivere concordemente ed essersi di scambievole aiuto, è necessario che rinuncino al loro diritto naturale e si rendano reciprocamente sicuri di non far niente che possa riuscire di danno ad altri».

Il diritto naturale può essere esercitato solo sotto la guida della Ragione. Ma dacché la ragione non alberga molto negli individui (tranne rare eccezioni) allora è bene che vi sia un freno a questo diritto. Tale freno è lo Stato.

«Un affetto non può essere impedito se non da un affetto più forte e contrario all'affetto da impedire, e ognuno si astiene dall'arrecare danno per timore di un danno maggiore. La società potrà dunque essere saldata da questa legge, se appena rivendichi a sé il diritto che ognuno ha di vendicarsi e di giudicare del bene e del male. Essa ha perciò la potestà di prescrivere la norma comune del vivere, e di emanare leggi e di sostenerle, non con la ragione, che non può impedire gli affetti, bensì con le minacce. Questa società basata sulle leggi e il potere di conservarsi, si chiama Stato, e cittadini quelli che vengono difesi dal suo diritto».

Fuori dello Stato, nello stato di natura, non esiste il giusto o lo sbagliato, il buono o il cattivo perché senza leggi ognuno fa i cazzi suoi e pensa per sé. Infatti

«nello stato di natura non si può concepire il peccato. Ma ben si può concepirlo nello stato civile, dove si decide per comune consenso che cosa sia bene e che cosa male, e ognuno è tenuto ad obbedire allo Stato. Cosicché la colpa non è nient'altro che disobbedienza, che viene perciò punita per solo diritto di Stato, e di contro l'obbedienza è ascritta a merito del cittadino, poiché per ciò stesso è giudicato degno di godere dei vantaggi dello Stato».

Infine, nello stato di natura non esiste il concetto di proprietà:

«nessuno è padrone di niente per comune consenso, né in natura si dà alcuna cosa che possa dirsi sia di quest'uomo e non di quello, ma tutto è di tutti; e perciò nello stato naturale non può essere concepita alcuna volontà di attribuire a ciascuno il suo, o di togliere ad alcuno ciò che sia suo; cioè nello stato naturale non accade niente che possa dirsi giusto o ingiusto; invece sì nello stato civile, dove si decide per comune consenso che cosa sia di questo e che cosa di quello. Dal che è evidente che il giusto e l'ingiusto, la colpa e il merito, sono nozioni estrinseche, non già attributi che manifestino la natura della mente».

In breve: giusto e ingiusto, buono e cattivo per Spinoza sono concetti artificiali, indotti, “nozioni estrinseche” appunto.

«Ma di ciò basta» conclude, lapidario, lo Scolio 2, Proposizione 37 della Quarta Parte della sua Etica. Qui nella versione di Sossio Giametta per i tipi della Bollati Boringhieri.

Avessi tempo invece continuerei io. Meglio ancora se continuassero i miei amici filosofi linkati richiamando le loro nozioni di filosofia morale. Se penso a un Menti morali di Marc Hauser tuttavia mi vengono dei dubbi: i concetti morali sono perlopiù innati. Come la grammatica.

1 commento:

Devarim ha detto...

OT.
Metti anche tu il fiocco verde, per i desaparecidos in Iran. ciao