«Ognuno di noi è quello che è, con i suoi nei e tutto il resto. Io non sono in grado di essere un campione di golf, o un pianista da grande concerto, o un fisico quantistico. Lo posso sopportare. Tutto ciò fa parte di chi io sono. Posso superare i novanta su un campo da golf, o addirittura suonare una fuga di Bach dall'inizio alla fine senza commettere errori? Posso provare, pare; ma se non dovessi riuscirci mai, questo potrebbe significare davvero che non avrei mai potuto farcela? “Sii tutto ciò che puoi essere!” - recita uno squillante slogan per il reclutamento nell'esercito degli Stati Uniti; ma non cela una beffarda tautologia? Non siamo noi tutti, automaticamente, tutto ciò che possiamo essere? “Ehi, sono un tipo indisciplinato, maleducato, un grosso sacco di lardo che non ha la minima intenzione di arruolarsi nell'esercito. Io sono già tutto ciò che posso essere! Io sono quello che sono!” Chi parla in questo modo si sta automaticamente escludendo dalla possibilità di una vita migliore o ha colto il nocciolo del problema? [...] Ognuno di noi potrà mai fare qualcosa di diverso da ciò che finisce per fare? Anzi, che senso avrebbe fare una qualsiasi cosa?»
Daniel C. Dennett, L'evoluzione della libertà, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004 (pag. 9-10)
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