«Tutti questi popoli che oggi hanno il primato dell'odio per gli ebrei sono diventati cristiani solo in epoca storica tarda, spesso spinti da sanguinosa coercizione. Si potrebbe dire che sono tutti “battezzati male” e che sotto una sottile verniciatura di cristianesimo sono rimasti quello che erano i loro antenati, che professavano un barbaro politeismo. Non hanno superato il loro rancore contro la nuova religione che è stata loro imposta, ma l'hanno spostato sulla fonte donde il cristianesimo è loro pervenuto. Il fatto che i vangeli narrino una storia che si svolge tra ebrei e che tratta propriamente solo di ebrei ha facilitato questo spostamento. Il loro odio per gli ebrei è al fondo odio per i cristiani, e non c'è di che meravigliarsi se nella rivoluzione nazionalsocialista tedesca questa intima relazione tra le due religioni monoteistiche trova così chiara espressione nel trattamento ostile a entrambe».
Sigmund Freud, L'uomo Mosè e la religione monoteistica, Boringhieri, Torino 1977 (pag. 103)
Malvino mi fa riprendere in mano il libro di Jules Isaac, Gesù e Israele, testo del 1959, nella edizione Marietti, Genova 2001. È un libro del quale da tempo avrei voluto citare un estratto, ma finora non ho mai trovato né il brano né l'occasione giusta. Oggi, ritentando, ho di nuovo faticato. Allora ho ripreso il volumetto di René Girard, La pietra scartata, Edizioni Qiqajon 2001, dove un'illuminante introduzione-saggio di Alberto Signorini mi fece conoscere il libro suddetto. Sfoglio. È da qui che estraggo il passo freudiano. Mi sembra di ottima presa.
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