Christian Rocca ha lasciato Il Foglio e ora scrive per Il Sole 24 Ore. Me ne accorgo dalla Domenica di oggi, prestigioso inserto culturale, che riporta (cazzarola!) due suoi articoli: uno, esteso, «Intellettuali in ritirata, vince la paura», che parla delle tesi contenute nell'ultimo saggio di Paul Berman, The fligh of the intellectuals, [La fuga degli intellettuali], edito da Melville House e di un incontro avuto con l'Autore cosiddetto “falco liberal” per le note posizioni interventiste di costui riguardo alla guerra in Afghanistan e in Iraq. Rocca, per allontanar da sé lo spettro di Tommaso De Benedetti, a proposito di tale incontro scrive: «Berman ne parla con Il Sole 24 Ore, in un bistrot del West Village, il quartiere più europeo di Manhattan», come per dare conferma di essere l'inviato speciale a New York del quotidiano della Confindustria (e non certo un free lance o, peggio ancora, un blogger). A parte ciò, i contenuti dell'articolo sono condivisibili. Più che altro le dichiarazioni di Berman lo sono riguardo al fatto che i veri liberal non dovrebbero fare tanti distinguo nel difendere le posizioni di Ayaan Hirsi Ali e Ibn Warraq, due famosi dissidenti del mondo islamico; come altresì non dovrebbero indugiare nello smascherare le posizioni fondamentaliste di Tariq Ramadan. Fin qui concordo con la critica di Berman a quegli intellettuali morbidi con l'islam radicale e duri invece contro il fondamentalismo cristiano, cattolico e non (Rocca, e si sente, non vedeva l'ora di riportare questa accusa). Meno d'accordo con Berman sono invece riguardo al macello iracheno scatenato dall'Amministrazione americana: Saddam Hussein era una canaglia, va bene; ma egli poteva diventare una canaglia utile come Gheddafi per evitare il caos succedutosi dopo la guerra per spodestarlo. Per tali mere ragioni di real politik nel caso iracheno (come in moltissimi altri casi succedutisi nella storia, come ben dimostra Luciano Canfora) esportare la democrazia è stato ed è solo un pretesto per estendere il proprio dominio le cui conseguenze, in molti casi, sono diametralmente opposte alle aspettative.
Il secondo articolo di Rocca è invece di più leggera fattura. Esso si trova nella pagina dedicata alla musica. Questo il titolo: «Largo al soul nell'era di Obama». Se permettete, non avuto voglia di leggerlo.
A margine.
Forse è una mia impressione, o suggestione. Ma mi sembra che l'arrivo di Rocca al Sole 24 Ore, sia parte (minima parte) di un più ampio progetto di convergenza tra le posizioni della Confindustria e della Cei (ovvero del Vaticano). Infatti, escludendo Monsignor Gianfranco Ravasi, firma storica dell'inserto culturale, via via sono arrivati a far parte del Sole anche altri ferventi cattolici vicini ad Avvenire: per esempio Davide Rondoni, per esempio (ma in minor misura) Lucetta Scaraffia. Chissà chi altro sarà arruolato da Gianni Riotta che, nell'editoriale di domenica scorsa, si complimentava, con un “bravo” tra parentesi, al richiamo del cardinal Bagnasco a fare più figli. Le mie, ripeto, sono impressioni che forse non hanno fondamento. Ma mi piacerebbe essere smentito; non vorrei che la Domenica diventasse una succursale del giornale dei vescovi.
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