Adriano Prosperi recensisce oggi, dalle pagine della cultura di Repubblica, un libro di un noto medievista francese, Jacques Chiffoleau, La Chiesa, il segreto e l'obbedienza, Il Mulino, Bologna 2010). Da tale articolo estraggo:
«È una vicenda che comincia alla metà del XII secolo, con la compilazione del Decretum di Graziano, la prima e fondamentale sistemazione in un corpo unitario delle norme elaborate per governare la Chiesa cristiana d'Occidente. Qui si trovano i due canoni glossati da Giovanni Teutonico con la formula Ecclesia de occultis non iudicat (“La giustizia della Chiesa non si occupa di colpe occulte”). Il significato di quella norma è stato oggetto di analisi di esperti di diritto canonico prima di accendere una discussione più generale tra gli storici. La formula condensava un'idea biblica della giustizia, quella che affidava all'onniscienza di Dio il compito di vedere e giudicare la verità nascosta nei cuori degli uomini. Applicando quell'idea al funzionamento dei tribunali la formula segnava l'avvio di una distinzione tra i fori: da un lato il foro penitenziale della confessione segreta dei peccati dove il confessore agisce come orecchio di Dio, dall'altro il foro pubblico dove il giudice punisce i colpevoli di infrazioni alle leggi della comunità. Intorno a questa
articolazione dei fori nascerebbe anche - secondo alcuni - la prima separazione moderna tra pubblico e privato. Ed è comunque evidente l'affacciarsi di una Chiesa papale come potere mondano e soggetto creatore di diritto in un mondo dove era diffuso il senso religioso del mistero e delle cose occulte. La conoscenza della verità era attesa nel grandioso scenario dell'Apocalisse quando si sarebbe aperto il Libro dai sette sigilli.
Ma altri segreti furono quelli che interessarono da allora i giudici di una Chiesa che si stava affermando come titolare di ogni potere in terra. La loro opera è seguita da Jacques Chiffoleau per capire il modo in cui l'occulto venne definendosi nell'amministrazione della giustizia. E nota subito che quei due canoni glossati con la formula Ecclesia de occultis non iudicat riguardavano infrazioni di chierici all'obbligo della castità. Qui “occulto” vale come il contrario di “notorio” e significa
concretamente che se le colpe dei chierici non erano di dominio pubblico allora la purgazione poteva rimanere segreta evitando lo scandalo. La minaccia dello scandalo era tanto più temuta quanto più forte era l'esigenza di esaltare la dignità del clero e di affermarne la supremazia sul laicato nell'età della Riforma gregoriana.
Si registra qui la nascita di una preoccupazione del potere ecclesiastico che connoterà nei secoli il modo di trattare le colpe del clero in tutti i casi in cui fu possibile lasciarle nell'ombra del segreto ed evitare il clamore del pubblico giudizio o l'umiliazione della penitenza pubblica. Il che fu possibile perfino nei casi dei cosiddetti “crimini enormi” (colpe di sesso, omicidio, simonia) i cui effetti fossero manifesti e noti alla società cristiana: se la teoria prevedeva la necessità di rompere il sigillo della segretezza confessionale, lo sviluppo di una raffinata casistica creò uno sbarramento protettivo intorno ai chierici criminali».
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