«In forza di quanto precede, se non si può dedurre un testo da un autore - anche se è più che legittimo, e verificabile sperimentalmente, un certo sistema di attese, e magari un certo calcolo previsionale: dato il mio io, ci si può aspettare un certo tipo di titolo, per esempio - si può benissimo, anzi si deve, dedurre un autore dal testo. L'importante è che il pensiero, così correttamente orientandosi, seguendo una giusta corrente deduttiva, non corra subito alla prima robinsonata che gli capita. Considero, per me, definitivamente acquisita la lezione di Lucien Goldmann, intorno al gruppo sociale come vero autore e produttore testuale e ideologico. Detto questo, si può dire, e forse si deve dire, che il primo problema che un testo pone, appena posto il testo, è un problema attributivo. L'importante è non scambiare questo solenne problema con la ricerca minimale di un'etichetta nominale semplice, di un timbro anagrafico, anche se, in via sbrigativa, l'insegnante che apre un'indagine in classe, per sapere chi abbia mai scritto con il gesso, sopra la lavagna, una proposizione irriguardosa o indecente, può innalzarsi al grado di attante paradigmatica, in simile procedimento. Perché ormai lo sappiamo pure che, risolta l'indagine, designato il reo, è per la nota sul diario o sul registro, è per l'espulsione da comminarsi eventualmente, che tutto questo basta e avanza. Ma poi c'è la famiglia, precisamente, e i cattivi compagni, e la storia intiera dello sciagurato alunno, e il consiglio dei genitori, e i rappresentanti di classe, e il signor preside, e l'assistente sociale. Si deduce un cosmo, quando si deduce un autore. È questa folla di persone che sono le veraci figure di un'attribuzione in senso forte. Ed è questa che ho in testa, appunto».
Edoardo Sanguineti, La missione del critico, Marietti, Genova, 1987 (pag. 206)
1 commento:
onorato, ovviamente, del confronto/riscontro.
certo che con sanguineti è una battaglia persa in partenza.
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