lunedì 19 aprile 2010

Scrittori ombra


Edward Ruscha (American, b. 1937), "Ghost Writer", 1978*

«Quello è stato l'unico periodo della mia vita in cui ho tentato di tenere un diario. No, non soltanto quello. Anni dopo, in un momento di grade solitudine morale, ho cercato, per una ventina di giorni, di notare sulla carta i pensieri e gli avvenimenti. Ma allora fu la prima volta. Non mi ricordo come mi venne in mente, né come mi trovai tra le mani il lapis e il taccuino. Non credo di averli presi apposta. Certo mi salvarono dal mettermi a parlare da solo come un pazzo.
È strano che tutt'e due le volte ho cominciato a scrivere il diario in circostanze in cui, come si dice comunemente, non credevo di “scamparcela”. D'altra parte non potevo supporre che quegli appunti mi sopravvivessero. Ciò prova che furon dettati soltanto per bisogno di intimo sollievo e non per vanità.
Cito ancora poche righe del mio diario, tolte dalle pagine che buttai giù quella sera: oggi mi sembrano quasi dei fantasmi».

Joseph Conrad, La linea d'ombra, Einaudi, Torino 1988 (pag. 113).

Passi simili sono consolatori per noi piccoli (o grandi) blogger di provincia (o di città). Danno conforto nel restituirci la genesi del nostro essere qui, a camminare, nei sentieri della rete. Chi scrive partendo da presupposti simili sa in partenza che la sua partitura è una cura, è ricerca di un sollievo dalla volontà, dalla rappresentazione. La vanità non c'entra, non può avere spazio tra coloro che già sanno, in partenza, di essere fantasmi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Intimo sollievo e non per vanità. Credo che sia tutto qui quello che significa per molti di noi il blog.

Anonimo ha detto...

Il tuo pezzo sulla figura paterna è molto bello, e mi ci riconoso in pieno.
Marco