martedì 30 giugno 2009

La memoria al di sopra della storia

«Il monoteismo si è retrodatato spontaneamente poiché così imponeva l'ordine della genealogia. Lotta per il primato e lotta per l'anteriorità sono la stessa cosa. Il lignaggio fa titolo, in un mondo nel quale non vi è nulla che possa essere recente e al tempo stesso degno di venerazione. La cronologia è l'argomento di autorità per eccellenza, il mezzo più efficace per sottomettere i nuovi venuti o gli antichi, che il bisogno della causa induce a considerare tali. Retrodatiamo per essere i più forti, e il più forte è colui che può dimostrare ai vicini (e a se stesso) che era là prima degli altri, nel vuoto Primordiale più prossimo all'origine. È in questo modo che, uomo o dio, si arriva a produrre, sotto la pressione degli eventi e con i mezzi di bordo, i certificati di preesistenza necessari. Ci si sorprende non poco quando si apprende, dagli specialisti dell'esegesi storico-critica, che Abramo non era che un piccolo eroe meridionale salito di grado e di anzianità grazie all'intervento di abili redattori. [...]
L'oggetto da trasmettere [...] non esiste anteriormente al processo della sua trasmissione. È il suo percorso che trasforma un discorso in ciò che esso è. [...]
La tradizione inventa, in perfetta buona fede, ciò di cui essa si fa latrice, o, meglio ancora: essa autentica la propria narrazione cancellandosi come racconto (il medium tende sempre a cancellare se stesso, ed è a questa condizione che riesce ad avere successo). La metamorfosi [...] adempie a una funzione vitale per la comunità che ne è, al tempo stesso, materia e motore, enunciatrice ed enunciato. La riscrittura del passato è dinamica, orientata verso il futuro. Il suo compito è quello di conferire significato al presente offrendo un invidiabile centro di attenzione a una comunità che avrebbe buone ragioni per dubitare del proprio avvenire. È per questo che ogni episodio delle Scritture (la cui redazione si prolunga per sette o otto secoli) parla la lingua del secolo in cui è stato scritto, e non quella del momento in cui si suppone si svolgano gli eventi».


Régis Debray, Dio, un itinerario. Per una storia dell'Eterno in Occidente, Raffaele Cortina Editore, Milano, 2002 (pag. 47-48)

Mi si perdoni la lunghezza del brano riportato, ma mi stava a cuore rileggere queste parole dopo la lettura di un significativo post malviniano.

Nessun commento: