sabato 13 giugno 2009

La legittimazione

«Chi detiene il potere cerca di giustificare il suo dominio sulle istituzioni collegandolo, come se si trattasse di una conseguenza necessaria, con simboli morali, emblemi sacri e formule giuridiche largamente accettate e riconosciute. Queste concezioni centrali possono riferirsi ad una divinità o a più divinità, al "voto della maggioranza", alla "volontà del popolo", alla "aristocrazia dell'ingegno e della ricchezza", al "diritto divino del re", o alla pretesa investitura straordinaria del governante. Gli scienziati sociali, seguendo Weber, chiamano queste concezioni "legittimazioni" o anche, a volte, "simboli di giustificazione"».

Charles Wright Mills, L'immaginazione sociologica, Il Saggiatore, Milano 1962, (pag. 16)

Una settimana fa, circa 2.700.000 elettori tra i quasi 50 milioni di aventi diritto (uomini e donne cittadini italiani come me e te, o gentile lettore), sono andati a votare scrivendo il nome Berlusconi. Molti commentatori hanno visto in questo una parziale sconfitta, dacché il Presidente del Consiglio auspicava di superare la soglia dei 3 milioni di preferenze. Io invece, e purtroppo, vi scorgo un'ulteriore conferma di legittimazione. Il blocco sociale del centrodestra (vedi analisi malviniane, fra cui questa) fa ancora perno su quest'oscena figura. Ed è naturale: se fosse questo galantuomo ad esserne il leader, molti elettori del Pdl si sentirebbero smarriti. E smarrita, soprattutto, si troverebbe anche la C.E.I.

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