«Chi detiene il potere cerca di giustificare il suo dominio sulle istituzioni collegandolo, come se si trattasse di una conseguenza necessaria, con simboli morali, emblemi sacri e formule giuridiche largamente accettate e riconosciute. Queste concezioni centrali possono riferirsi ad una divinità o a più divinità, al "voto della maggioranza", alla "volontà del popolo", alla "aristocrazia dell'ingegno e della ricchezza", al "diritto divino del re", o alla pretesa investitura straordinaria del governante. Gli scienziati sociali, seguendo Weber, chiamano queste concezioni "legittimazioni" o anche, a volte, "simboli di giustificazione"».
Charles Wright Mills, L'immaginazione sociologica, Il Saggiatore, Milano 1962, (pag. 16)
Una settimana fa, circa 2.700.000 elettori tra i quasi 50 milioni di aventi diritto (uomini e donne cittadini italiani come me e te, o gentile lettore), sono andati a votare scrivendo il nome Berlusconi. Molti commentatori hanno visto in questo una parziale sconfitta, dacché il Presidente del Consiglio auspicava di superare la soglia dei 3 milioni di preferenze. Io invece, e purtroppo, vi scorgo un'ulteriore conferma di legittimazione. Il blocco sociale del centrodestra (vedi analisi malviniane, fra cui questa) fa ancora perno su quest'oscena figura. Ed è naturale: se fosse questo galantuomo ad esserne il leader, molti elettori del Pdl si sentirebbero smarriti. E smarrita, soprattutto, si troverebbe anche la C.E.I.
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