«La rimozione o la negazione della violenza, anche se si manifesta con caratteri spesso apertamente ideologici o in base a strumentalizzazioni politiche e suggestioni religiose, è parte integrante della psicologia individuale e collettiva di fronte a informazioni terribili, minacciose, inquietanti. È un meccanismo di difesa che è parte integrante di ogni nazionalismo (“Il nazionalista,” ha scritto George Orwell, “non solo non disapprova le atrocità commesse dalla sua fazione, ma ha la notevole capacità di non sentirne nemmeno parlare”) e probabilmente di ogni ideologia fortemente strutturata, certamente di ogni fondamentalismo religioso o etnico. È una modalità con cui i colpevoli giustificano a sé e agli altri le proprie azioni; è la risposta a una “minaccia cognitiva” che rischia di frantumare certezze e credenze. È sempre lo stato, infatti - o comunque un'autorità riconosciuta - ad autorizzare, incoraggiare, organizzare la violenza, dopo aver favorito la costruzione di una visione dle mondo in cui la presenza di altri non è prevista se non come nemici. Ed è per questo che la più ricorrente giustificazione è quella di aver agito per difesa, per reazione, per paura e per la propria sicurezza, considerandosi in questo modo la vera vittima - più di quelle che lo sono state davvero - della situazione violenta»
Marcello Flores, Tutta la violenza di un secolo, Feltrinelli, Milano 2005, pag. 113.
Fatte le debite distinzioni, mi pare che il meccanismo di difesa berlusconiano segua questo schema.
1 commento:
eh sì, più o meno. ma tutto il successo berlusconiano è impostato sulla contrapposizione noi/loro, buoni/cattivi. ne discende la necessità di giustificare sé stesso attaccando l'altro.
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