Una recentissima inchiesta, pubblicata nel mese di agosto da 'Le Point' e ripresa da 'Paris Match' di questa settimana in un’intervista a Jean d’Ormesson, segnala che la divaricazione tra 'scienza' e 'fede' si allarga in Francia e che solo il 25% dei professori del Collège de France si dichiara credente. Pubblichiamo qui il testo, inedito, di Carlo Ossola in risposta a quell’inchiesta.
L'ineffabile. Credere va oltre il sapere.
Potrei rimandare il lettore al mio post precedente e chiuder qui la questione. Ma invece no, Carlo Ossola, l'insigne filologo del Collège de France, ha scritto qualcosa che provoca in me un leggero sussulto di ribellione. Come si fa a dire che “credere” possa costituire «un supplemento di resistenza a tutto ciò che ci spinge a piegarci davanti alle cose così come sono» e non aver in mente che “a piegarsi” alle cose presunte sante sono proprio i credenti? Chi s'inchina davanti al Papa? Chi s'inginocchia davanti al confessore? Chi si prostra in direzione de La Mecca? Il non religioso? Il non credente?
Concedo però interamente al professore che credere sia «un atto politico»; infatti, è soprattutto questo e non altro. Ma la religione, la credenza è un fare politico illegittimo perché regola le sorti dell'uomo riferendosi a un immaginario sopramondo di cui solo particolari uomini (i chierici) possiedono le chiavi. Nella fede non si vota o, se lo si fa, lo fanno solo in pochi e a conclave chiuso per meglio farsi ispirare dallo spirito divino. La democrazia è un oggetto troppo fallibile per le certezze della fede, ma è anche lo strumento migliore che permette alle varie credenze di rivendicare i propri diritti e d'insinuarsi nel corpo democratico come un parassita (metafora della zecca di origine malviniana).
Ossola più sopra parla del principio della vagueness o dell'interminato come fondamento della libertà umana. Ciò può essere concesso fintanto che una fede non s'impossessi di tale principio per farne il fondamento da cui trarre una concreta dottrina. Se invece l'uomo “sta” dentro sé (non “esce” da sé) per governare le cose del mondo, abitando la realtà e la realtà soltanto, nei suoi limiti e nei suoi confini, più difficile sarà per lui la tentazione di misurare l'uomo con un metro diverso dal proprio volto.
Infine (e chiudo perché mi si chiudono gli occhi dal sonno), il reale sarà anche una «piccola porzione del pensabile», ma è l'unica e sicura sulla quale fare affidamento per trovare una lingua comune, una mano da stringere, un patto da sottoscrivere tenendo da conto della propria finitudine.
1 commento:
Una piccola porzione del pensabile.
E per fortuna; questi sono capaci di pensare anche l'inferno; ti sembra sano?
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