«ANGELO Quand'io voglio pregare e pensare, m'accade di pensare e pregare a sproposito. Il cielo riceve le mie vuote parole, mentre la mia fantasia, senza udir punto quel che dice la mia lingua, resta ancorata su Isabella. Il cielo è sul mio labbro, come s'io non facessi che masticarne il nome, ma nel mio cuore siede il male turgido e violento del mio desiderio. La dignità che ho cercato di attingere è come un buon libro che tuttavia, dopo esser stato letto e riletto più volte, diviene arido e attediato. Sì, la mia stessa gravità per la quale (che nessuno m'ascolti) tanto inorgoglivo, io la scambierei ora con una piuma vagabonda che l'aria sostiene indifferente. O dignità del potere, o apparenze ad esso legate, quanto spesso con la vostra scorza e con le vostre vesti strappate la reverenza agli sciocchi e vincolate lo spirito dei più saggi alle vostre false sembianze! Sangue, tu sei pur sempre sangue! Scriviamo dunque “buon Angelo” sulle corna d'un demonio, e il maligno ha perduto il suo cimiero.»
William Shakespeare, Misura per misura, Atto Secondo, Scena II, Rizzoli, Milano 1961 (traduzione di Gabriele Baldini).
Fate anche voi questo esercizio. Impersonate Angelo sostituendo il suo “desiderio” con il vostro, con la realtà che vi tormenta, sia essa una Isabella, o un Berlusconi, o un prete, l'Italia in genere, o qualsiasi altro tipo di «male turgido e violento». E poi alla fine scrivete il vostro buon nome «sulle corna del demonio» che non vi dà tregua e sentitelo vostro, sentite come vi appartiene, sentite come perde pian piano la sua forza e il suo “potere” di attrazione, sentite come frana la terra sulla quale poggia il suo piedistallo, sentite come diventa cenere.
Camminare in questo spazio e in questo tempo con la falsa impressione della nostra imperitura permanenza, ci conduce a dare troppa importanza alla realtà che ci perseguita. Io, per esempio, che in un primo momento ho gioito a vedere la canizza contro Dell'Utri, in un secondo ho pensato che non aveva senso, che la bile è meglio scaricarla altrove, meglio sarebbe stato star lì ad ascoltarlo come piume vagabonde che gli svolazzavano indifferenti intorno, e che magari, senza farsi accorgere, gli arrivavano a solleticargli il naso, tanto da provocargli un enorme starnuto tale da spruzzare abbondante moccio sui diari patacche del duce.
4 commenti:
Sono passata per caso su questo tuo blog e mi trovo d'accordo con quel che scrivi, sia che parli attraverso Shakespeare sia che commenti contro (giustamente) Dell'Utri e quei suoi farlocchi documenti sul duce. Ma scrivi sempre così? Bene ora che so che c'è questo blog ti visiterò più spesso. Non ho un sito.
Ania
Qual buon caso! Benvenuta Ania.
Mi chiedi: "scrivi sempre così"?
Spero di no, altrimenti... sono andato a rileggermi e ho visto un gerundio in un posto sbagliato e l'ho sostituito con un infinito.
Comunque grazie. Saluti
:-)
dell'isabella che mi tormenta ho appena scritto sul mio blog. per fortuna è molto più interessante di berlusconi (e combinazione, si chiama davvero isabella).
Perchè rovinare queste belle frasi con la politica? ;)
Il desiderio è un male turgido e violento, sì, ma solo se ci si ostina a reprimerlo.
A volte essere una piuma vagabonda aiuta a ridimensionare un eccessivo richiamo alla dignità, che è castrante, ingessante, svilente delle emozioni che ci fanno sentire vivi.
Il potere eccita chi ce l'ha. Il potere lo detiene chi ha desideri turgidi e violenti. Al potere politico, però, io contrappongo il potere di chi la vita la morde, non la subisce.
(Sempre più WW)
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