Ho un difetto: a me son sempre piaciute e piacciono le automobili.
Quando avevo dodici, tredici anni collezionavo Quattroruote, conoscevo a menadito marche e modelli, stilavo tabelle e graduatorie delle mie autovetture preferite.
So che esse, per chi le compra e le usa, sono quanto di più antieconomico esista. Ma questa coscienza non mi ha impedito di sacrificare consistente parte del mio modesto reddito, come un coglione.
Ciò premesso, nonostante siano anni che non compro più riviste specializzate, ogni tanto mi soffermo a contemplare le novità di mercato sugli inserti dei principali quotidiani. Oggi mi è capitato fra le mani il Corriere motori. Chiaramente sfoglio veloce e guardo le figure. Ma, come sempre, alcune cose – che in questo momento vorrei condividere – mi saltano agli occhi. Due in particolare: come si fa a diventare giornalisti specializzati di tali inserti, i quali provano nuovi modelli a iosa e di ogni veicolo tessono lodi sperticate – e magari hanno vantaggiosi sconti per l'acquisto? Mistero.
Seconda cosa: come si fa a diventare amministratore delegato territoriale, non dico della Fiat, ma di una qualsiasi marca estera che opera nel mercato italiano? Cioè, io quando leggo e vedo la foto di questi protagonisti dell'establishment economico italiano, mi piglia un so che, non dico invidia, ma veloce considerazione su quale tipo di vita avrei dovuto condurre per essere uno di loro, bellini, quasi tutti in giacca e cravatta, pressoché miei coetanei. Sentite qua:
«Ogni nuova Mini è una vera Mini. La Countryman lo è. Anche se con molte ipotesi nuove».
Cypselus von Frankenberg, responsabile comunicazione Mini.
«Non aveva senso mutare uno stile che ci ha fatto vendere 60mila Swift in 4 anni».
Massimo Nalli, direttore generale Suzuki Italia.
«[la nuova CL] è una coupé affascinante e autorevole. Prestazioni, sicurezza e stile al massimo livello».
Vittorio Braguglia, direttore generale Mercedes-Benz Italia.
«Il nuovo stile ha migliorato anche l'aerodinamica del 5%: il cx, ora, è sotto lo 0,30».
Massimo Nordio, direttore Volkswagen Italia.
«Devo ringraziare le circostanze favorevoli che mi hanno consentito di contrastare la crisi con due prodotti nuovi di zecca come Fiesta e Ka».
Gaetano Thorel, presidente e ad di Ford Italia.
«Le novità, specie oggi, sono preziose se attraggono il consumatore e se i prezzi completano l'effetto-seduzione».
Roberto Matteucci, ad di Gm Italia.
«Quanto più il mercato è aspro e difficile, tanto più si rendono necessari nuovi prodotti e in termini di investimento, sostenere un prodotto stanco è molto oneroso. Quando la torta del mercato si restringe diventa indispensabile la spinta esercitata da una novità in grado di attirare la clientela nelle concessionarie».
Massimo Gargano, ad di Toyota Italia.
Questa è l'economia di mercato, bruttezza. Non ditemi che non lo sapevate. È matematico. Occupare simili posizioni di rilievo non avviene attraverso chissà quali meccanismi meritocratici, o particolari titoli di studio (almeno immagino, perché se alla Bocconi insegnano a pensare e parlare come questi signori qui sopra stiamo freschi). Secondo me questi sono posti che si occupano solo o perché si hanno peculiari entrature, o perché si ha, soprattutto, una dote specifica: quella di saper prendere per il culo il prossimo.
Io sono di uno di quelli (che si è lasciato prendere per il culo). Uno che ha dato fiato e forza a tale meccanismo di mercato spendendo più del dovuto, entrando nel vortice e non riuscendo a tirarsene fuori. Io ho creduto, invano, che possedere un'auto dei miei (privati) sogni portasse la felicità. E invece ha portato le rate. E il bollo. E l'assicurazione. E il carburante. E gli pneumatici. E la manutenzione. E l'usura. E gli imprevisti. Detto questo, a me l'auto piace ancora e non potrei proprio farne a meno. Ma vorrei tanto fare a meno degli Elkann de noantri.
2 commenti:
il 50% dei posti in Italia viene assegnato non per merito, ma per conoscenze, colpi di culo (e questo intendilo in tutti i sensi che vuoi), capacità di farsi trovare al posto giusto al momento giusto insieme alla persona giusta.
E chi non ha questa passione? Altrimenti le auto non si venderebbero mai. Proprio per il piacere di possederle ci si trova a spendere interi stipendi e come te, ci si ritrova con le rate. E' la "colonna sonora" di diversi film reali che viviamo sulla nostra pelle e che tu giustamente puntualizzi. Se non fosse per questo piacere che se ne ricava faremmo come alcuni contadini che hanno il trattore che è costato tanti soldi e non possono permettersene un altro nuovo, lo aggiustano e se lo tengono per tanto tempo. Ma è un mezzo per lavorare, più che passione è un oggetto indispensabile. Se usassimo lo stesso criterio, pensi che si venderebbero tante auto? Non credo. Molte fabbriche chiuderebbero definitivamente. Penso che tutto serve per mandare avanti l’ingranaggio, certo che in questi ingranaggi non sempre va tutto bene e spesso chi ci rimette sono quelli che fanno andare avanti l’intero sistema.
Ania
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