INTERVISTA. Per il paleontologo francese Yves Coppens «l’essere umano appare sensibile al sacro a partire dalla sua prima comparsa sulla Terra»
L’Homo? Religiosus fin dalle caverne
[...]
A proposito del mistero della coscienza, antropologi culturali come René Girard sostengono la centralità della dimensione sacra. Sul campo, a che punto sono giunte le ricerche sulla religiosità primitiva?
«Sappiamo o abbiamo ormai il presentimento, dato che non sono sempre disponibili le prove definitive, che l’homo religiosus coincide con l’uomo in generale.
L’essere umano, fin dallo sbocciare della sua umanità, è sensibile al sacro e possiede una dimensione spirituale. Personalmente, sono convinto che non ci sia distanza fra l’apparizione dell’uomo e l’apparizione del suo pensiero religioso. L’uno e l’altro sono parti di una stessa condizione».
Nessun discorso definitivo, solita mia rimasticazione di concetti girardiani. Sputo fuori, così di getto, senza controllare troppo, senza pretese di inappellabilità.
Allora, a quei tempi, i tempi dell'ominizzazione, nessuno c'era. Ci sono indizi, tracce, pallidi resoconti paleoantropologici. L'intervistatore tira in ballo Girard. Io credo che Girard abbia visto giusto, che la sua sia insomma un'ipotesi attendibile. Ma attenzione, se si cerca il religioso come caratteristica fondativa dell'umano per gongolarsi beati, ebbene si sappia che il religioso primitivo (lasciamo da parte l'antico, il moderno e l'attuale) è quasi interamente rappresentato da un dio che ha fame di sacrifici, soprattutto umani. Ma donde vien fuori questo dio affamato di carne e assetato di sangue? Scaturisce dalla sacralizzazione della prima vittima della micro comunità umana; vittima che ha avuto il potere di sedare, con la sua vittimizzazione, la violenza intestina che sconvolgeva la comunità stessa. Vale a dire, dal tutti contro tutti degli ominidi per un pezzo di territorio, o di cibo, o di sesso ecco che, per uno scarto ancora non ben chiarito soprattutto riguardo alla scena primordiale, si passa al tutti contro uno, tutti contro colui che per un motivo qualsiasi viene subitaneamente considerato da tutti il responsabile. Ma come fa quest'ultimo responsabile a diventare il dio? Beh, dato che ha avuto il potere di devastare il gruppo, ha altresì avuto la forza, la magia di riordinarlo grazie alla sua uccisione. Bene, cominciamo a ricordarlo, a venerarlo, a stabilire rituali precisi di glorificazione; egli vittima-dio è in mezzo a noi. Chi si occupa di dire cosa ha bisogno? Io, lo stregone. E il religioso prende forma e forza, si stabilizza, crea i propri punti di riferimento, scandisce il ritmo della comunità. Chiaramente, i vari problemi che intercorrono nel tempo (carestia, guerra con gruppi di ominidi vicini, malattia) scombussolano tutto. Niente problemi, finché la situazione si risolve con dei sacrifici. Chi si sacrifica? Lo dice lo stregone. Di solito si preferiscono gli individui che eccedono, i fuori della norma, gli anormali appunto; o i più giovani, o i più vecchi, o i più belli, o i più brutti. L'uomo-medio aveva già il suo fascino. E quando la situazione critica non viene più risolta e, di nuovo, il tutti contro tutti sconquassa la comunità? La macchina dei sacrifici comincia a lavorare a pieno regime. Per esempio, si pensa che tra le civiltà maya e azteca, nei momenti di crisi terribile dovuta all'invasione straniera degli europei cristiani, i sacrifici umani furono moltiplicati. Comunque, per ritornare al primitivo, una volta verificatasi la crisi sacrificale sistemica, la società collassa e si ritonfa nel tutti contro tutti o per uscirne con una stessa procedura sistema, o per scomparire definitivamente.
Ma perché dico e ridico tutto questo? Perché quando mi si cita Girard mi si deve anche ricordare che tipo di religioso egli ha "scoperto". Niente rose, niente fiori. Parecchie mazzate, tantissimo sangue.
Mi fermo, la storia successiva di fuoriuscita dal sacro e la trasformazione del religioso in altra occasione, appena uno Zappalà mi offrirà l'occasione. Non mi rileggo. Buonanotte.
2 commenti:
Uno dei libri che tengo vicini e di cui leggo ogni tanto qualche passo è "L'inconscio come insiemi infiniti" di Ignacio Matte Blanco. Vi si legge del mobile equilibrio tra pensiero asimmetrico, che è quello che caratterizza la nostra vita da svegli e che ha generato il sapere scientifico con tutto quello che ne è conseguito, e pensiero simmetrico, che è quello che caratterizza il sogno ma è presente in modo quasi sempre latente anche nella vita da svegli - da cui la "bilogica" dell'essere umano.
Volevo dire: se le cose stanno così, l'infinito è in noi, che infiniti non siamo.
Forse tutto il sangue di cui parli è quello versato dal finito quando vorrebbe contenere l'infinito e si lacera in miseri brandelli di terrore.
vorrei far presente che l'uomo primitivo aveva il senso del sacro collegato alla Natura. Ogni manifestazione naturale era per lui fonte di stupore. Venerava sole, luna, fuoco, eclissi, cacciagione, propri morti...
prima dei fiumi di sangue
Posta un commento