lunedì 20 settembre 2010

Ai critici (letterari e non)

«Sono un critico di jazz abbastanza sensibile per capire i miei limiti, e mi rendo conto che quello che sto pensando rimane al di sotto del piano su cui il povero Johnny cerca di procedere, con le sue frasi tronche, i suoi sospiri, le sue ire improvvise e i suoi pianti. Gli importa un fico secco a lui che io lo creda geniale, e non si è mai vantato del fatto che la sua musica si trovi molto più avanti di quella che suonano i suoi compagni. Penso malinconicamente che lui si trova all'inizio del suo sax, mentre io vivo costretto a contentarmi della fine. Lui è la bocca e io l'orecchio, per non dire che lui è la bocca e io... Ogni critico, ahimè, è la triste fine di qualcosa che è iniziato come sapore, come delizia di mordere e di masticare. E la bocca si muove un'altra volta, golosamente la gran lingua di Johnny raccoglie uno sgocciolio di saliva sulle labbra. Le mani tracciano un disegno nell'aria».


Julio Cortázar, Il persecutore, dal libro Le armi segrete, (traduzione di Cesco Vian) tratto da J. Cortázar, Racconti, Einaudi-Gallimard, Torino 1994.

2 commenti:

Gians ha detto...

Il peggio di loro lo danno i critici gastronomici.

Anonimo ha detto...

Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l’opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale.
Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero. Ad esempio, nello scoprire e difendere il Nuovo. Il mondo è spesso avverso ai nuovi talenti e alle nuove creazioni: al Nuovo servono sostenitori.

l'ho preso da qui
http://www.cinefile.biz/blog/?p=211#more-211
a volte i critici sanno criticarsi da soli, ed è la parte più divertente ma, ahimé. rara.