«Il malato di spazio desidera neutralizzare la contingenza del posto in cui in quel momento si trova. Egli vuole essere ovunque nello stesso tempo, vuole impossessarsi in un sol colpo della totalità. Ma il desiderio di possedere non è che una specificazione di una sete innata di potenza. Desiderio di rendere il mondo a sé congruente, più precisamente, di costringere il mondo a divenire Io. Che tutt'al più possa diventare mio invece che Io, ecco qual è il primo scandalo e il primo compromesso per la sete di potenza».
Günther Anders, Patologia della libertà, Palomar, Bari 1993, pag. 75 (traduzione di Antonella Stricchiola).
Non so voi, ma io penso che questo compromesso (questo scandalo), illustrato sopra da Anders, descriva bene la parabola berlusconiana del potere. Dato che Berlusconi non è riuscito (al momento) a «costringere il mondo a divenire Io» (leggi: Lui stesso – vale a dire, non è riuscito a catalizzare sulla sua persona una sufficiente quantità di desideri convergenti¹), allora cerca di costringere il mondo a diventare suo. Ma di tutta questa roba (cose, persone) non riesce a goderne, dato che egli è, appunto, «un malato di spazio [che] desidera neutralizzare la contingenza del posto in cui in quel momento si trova». Berlusconi è un uomo che non ha fermezza, che non riesce a godere delle cose, persone che possiede perché l'oggetto posseduto (se goduto appieno) gli impedisce di essere ovunque nello stesso tempo, esso è un freno per la conquista della totalità. Insomma, una fellatio di una scambista russa e una peroratio capezzoniana o quagliarelliana non sono sufficienti a far sentire l'uomo realizzato e sicuro di sé. La gloria non si compra e ancora non l'ha capito².
¹ Last but not least l'apostasia finiana.
² La gloria è come la grazia (e non la Grazia, Graziella e grazie al).
2 commenti:
Questo accade al malato di spazio. E al malato di tempo, cosa accade?
Forse il malato di spazio non è mai appagato perché è sotto sotto un malato di tempo?
Posso possedere più spazio: mi compro un pezzo di terra così grande che va al di là dell'orizzonte visibile.
Un pezzo di Terra.
Ma con il tempo?
Sì, mi posso comprare tempo libero, tempo in cui faccio quello che mi pare, niente o quello che mi piace fare. Ma non è la stessa cosa dello spazio. Il mio tempo è, fisicamente, esattamente come quello dello schiavo piegato in due a lavorare sui miei campi. E finisce, ogni volta finisce e finirà per sempre, per me come per lui.
Illuminante a questo proposito anche l'articolo di Filippo Ceccarelli oggi su Repubblica.
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