La versione "calcistica" del mottetto XVII resa con maestria da Giulio Mozzi (qui, nei commenti) m'induce a riportare anche il mottetto XIII di sapore veneziano (sangue veneto, appunto); mottetto, questo, che sempre volentieri ho cantato con ritmo blues.
La gondola che scivola in un forte
bagliore di catrame e di papaveri,
la subdola canzone che s'alzava
da masse di cordame, l'alte porte
rinchiuse su di te e risa di maschere
che fuggivano a frotte —
una sera tra mille e la mia notte
è più profonda! S'agita laggiù
uno smorto groviglio che m'avviva
a stratti e mi fa eguale a quell'assorto
pescatore d'anguille dalla riva.
Eugenio Montale, Le occasioni
Noticina a margine.
La perfezione del commento a Le occasioni di Dante Isella (edizione Einaudi, Torino 1996) fa apprezzare fino all'ultimo punto i versi di Montale. Quando il lavoro filologico si fa cristallino, fornisce, smontando rimontando i componimenti, nuove chiavi di lettura; fa percepire le note interne, le rime che si rincorrono, le assonanze, le allitterazioni, i richiami, amplificando il senso e il significato dell'intera opera poetica. Solo per dire: le due sdrucciole iniziali ci portano in acqua con loro e il settenario si chiude con un magnifico enjambement che ci tuffa nel nero e nel rosso, sdrucciolo anch'esso, dei papaveri. E il bagliore rimato con il pescatore finale! Tout se tient.
2 commenti:
solo per dire che il lavoro di ossola ( acribia filologica,si dice così?) aumenta la potente malia di questi versi del grande eusebio, investendoli con una luce capace di disopaccizzare ogni più piccolo interstizio,ogni pertugio, ogni anfratto.
Fin troppo facile: "La vongola che insugola il risotto, ecc.". Conservando intatto l'ultimo verso.
Povero Montale!
g.
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