martedì 13 luglio 2010

All'ombra di un nocciolo



Dal fragile avamposto
che il mio corpo rappresenta,
per tracciare di una vita
il senso e il luogo, scrosto
dalla faccia i ricordi. «Sono trenta
i denari il costo minimo
per capire se è riuscita»,
mi dice un avvocato ex-cattedra.
«Prova della vita a cogliere
qualcosa del tuo transito
terrestre: una perla, una pesca,
una foto sfocata o altri avanzi;
guarda se ti possono bastare».
C'è poca luce, poco io sparso
nei luoghi ove ho camminato.
Il tempo non è mio: non mi resta
che tenermi stretto a questa
ora tiepida per capire se sono nato
e se questo corpo che ora vive
per mio conto non è un'illusione.
«Va' a Milano» mi intima l'avvocato
con tono perentorio. «Gira per botteghe,
per negozi e consuma a più non posso;
e soprattutto non farti tante seghe
mentali». Ma è troppo caldo, sono solo
e partire mi mette sempre addosso
una gran tristezza. Resto qui
tra le foglie di un nocciolo
ad aspettare del vento una carezza.

2 commenti:

Gians ha detto...

Alla faccia dell'improvvisazione, non ricordo chi diceva che per scrivere si deve raggiungere una soglia vicina al dolore, bene io non so se tu l'abbia raggiunta, ma mi piace quello che hai scritto.

Luca Massaro ha detto...

Grazie Gians, mi fanno davvero piacere i tuoi complimenti.
Sì, sono davvero improvvisi questi versi, ritmati solo dalla calura pomeridiana. Ho preso al volo l'ombra del nocciolo, mi son tuffato dentro me e ho cercato, mediante la costrizione delle rime aspre, di esprimere un sentimento immediato dell'essere qui, ora, nel mondo.
Voce interiore? Non so dire, ma se così fosse la ringrazio per avermi permesso qualche simpatico enjambement.