Leggo: «Crolla il prezzo del Viagra». Cerco aiuto, trovo:
«“Disarmare il pene” dice uno slogan femminista: ma che cosa c'è di più inerme? Per favore, guardatelo, guardatelo bene. Osservatelo in quei film che esibiscono poveri giovani di largo torace e di vita sottile completamente nudi, senza annebbiarne le parti anche dai liberi Greci definite pudende: e di quel povero pulcino pendulo, di un bianco malsano, con poca voglia di beccare, osereste ancora chiedere, come un coro di Cassolandre e di Pannellanti¹, il disarmo unilaterale? Un vero cuore femminile direbbe che c'è bisogno, piuttosto, di un po' di riarmo. Se lo prendiamo, sia pure riguardosamente, come metaforico, quel pene da disarmare è in realtà una testa da indebolire ancora di più, una mano da rammollire».
Guido Ceronetti, La vita apparente, Adelphi, Milano 1982 (pag. 236).
Il pene è armato solo nelle teste di molti uomini (e altresì di alcune donne) perché si è piantato lì, nel mezzo dei loro emisferi: da qui deriva la crescita esponenziale delle testedicazzo che perlopiù comandano il mondo e lo rendono luogo di pena e miseria. Disarmare le testedicazzo: ecco il compito per il prossimo futuro che ogni individuo – che ha a cuore il destino dell'umanitಠ– deve cercare di svolgere. Smascherare tutti i discorsi e i comportamenti a cazzo (di cane e non), abolire (o impedire l'approvazione di) leggi del cazzo, e via elencando. Riportare il pene là dove deve stare (e farlo funzionare lì, a suo tempo e luogo, preferibilmente senza farmaci di sostegno). Infine (cosa di difficile applicazione, lo so), depurare il linguaggio dall'inflazione dei cazzi: per esempio, al posto di che cazzo vuoi usare un più criptico che péne vuoi (plurale di pena), ove si offrono ai rompicoglioni le proprie péne, appunto e non il pène (opportuno sarebbe anche usare il che membro vuoi come se tutti avessimo il potere di assegnare posti al CSM o ad una Fondazione bancaria: dire a Gianni Letta, lui sa chi è...)
Secondo me questo nuovo costume linguistico servirebbe a restituire al cazzo prestigio, significherebbe riportarlo veramente al centro de la langue et de la parole come fosse un Assoluto (etimologicamente: sciolto da vincoli). E se il cazzo divenisse il referente universale, la struttura sulla quale fondare il discorso sul mondo sostituendo Mammona (il denaro) e/o Dio (le religioni), allora forse questa umanità in bilico potrebbe ragionevolmente auspicare in un futuro migliore e pensare che la fine del mondo sarà dovuta solo al secondo principio della termodinamica.
¹Se per «Pannellanti» mi è facile risalire alla fusione tra Pannella e Baccanti, per «Cassolandre» ho qualche incertezza. A me viene in mente Rossana Rossanda e Cassandra, ma forse sbaglio. Se qualcuno più acuto di me vuole offrire un suggerimento è bene accetto.
²Nella misura delle cose che rientrano nel potere/volere umano, s'intende.
4 commenti:
Io non dico mai "cazzo", ne ho troppo rispetto.
Entropia è il nostro futuro: disordine e caos, secondo la fisica. Sarà per questo che le teste di cazzo imperano e impazzano.
Piuttosto che teste di cazzo, si dovrebbe usare un meno discriminatorio teste di culo. ;)
Cassolandre lo interpreto come Carlo Cassola + Cassandra. Per il resto non ho un cazzo da aggiungere alle tue riflessioni (con la quale frase intendo significare che l'orgoglio virile di un tempo è oramai divenuto anche sinonimo di niente, in un declino forse inarrestabile verso la sparizione).
@ Popinga
La tua è un'ipotesi che, d'acchito, avevo contemplato anch'io, ma non saprei dire quanto Cassola c'entri col brano ceronettiano di critica (particolare) al femminismo.
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