«A parte le motivazioni, atteniamoci unicamente al corretto modo di piangere, intendendo per tale un pianto che non sconfini nello scandalo e tanto meno in un insulto al sorriso, data la loro parallela e goffa somiglianza. Il pianto comune o normale consiste in una completa contrazione della faccia e in un suono spasmodico accompagnato da lacrime e da moccio, quest'ultimo nella fase finale, perché il pianto termina nel momento in cui ci si soffia energicamente il naso.
Per piangere occorre fissare l'immaginazione su se stessi, e se ciò risultasse impossibile perché è stata contratta l'abitudine di credere nel mondo esteriore, si ponga mente ad un'anatra ricoperta di formiche o a quei golfi dello stretto di Magellano “ove niun penetra giammai”.
Una volta arrivato il pianto, ci si copra con dignità il volto usando entrambe le mani con la palma in dentro. I bambini piangeranno con la manica della giacchetta sulla faccia, e preferibilmente in un angolo della stanza. Durata media del pianto: tre minuti».
Julio Cortàzar, Storie di cronopios e di fama, Buenos Aires 1962 (trad. di Flaviarosa Nicoletti Rossini, Einaudi, Torino 1971).
1 commento:
per piangere occorre aver superato la crisi. Infatti, al cinema, si piange solo nell' happy end.
facci caso
Posta un commento