Gians ha scritto un post ove ripone la speranza di essere ricordato (sintetizzo). Io ho commentato alla sua speranza che siamo già ricordo, già memoria. Lui mi ha riproposto una domanda. Questa:
«Luca, in questa vita parallela fatta di parole dette "de visus" e pensieri scritti, non saprei se condividere il tuo commento tra i due modi comunicare, o relegarle a questo. Ti chiedo questo, perchè mi incuriosisce conoscere il Luca virtuale da quello di tutti i giorni. Ci saranno differenze? boh! :)»
Provo a rispondere, così come mi viene, a braccio, vediamo dove mi portano le parole. Per ora diciamo che fingo più che posso di essere me stesso coi mezzi rappresentativi che dispongo e che mi spargono in quest'aere virtuale sì, ma per me profondamente concreto. Io sono qui (ti cito, vedi Gians?) ed è, per ora, l'unico modo in cui sento di vivere appieno. Ah che vita modesta la tua allora, mi dirai. Ma no, ho la mia vita, la mia famiglia, due splendide bambine, una moglie, parenti, amici (un po' lontani), buoni rapporti coi colleghi, ho tempo (molto tempo) per me (amo stare solo)... Ma è questa mia vita, ritirata, come quasi un eremita, che cerca però di dire al mondo: guardate come sono bravo a stare solo, a pensare, sembro una statua di Rodin: guardatemi, sono qui, ditemi che sono vivo, che ci sono, che mi leggete, aspettate, vengo a vedere se tra i commenti c'è qualcuno, vado a vedere nella mail se qualcuno scrive, vado a vedere se qualcuno mi linka, mi lecca, mi cita, mi dice bravo, mi dà un bacio, mi abbraccia, cazzo ecco cosa voglio e non mi basta essere solo qui. Ops, perdo il filo. Diciamo che il mio è un divertissement. Il divertissement. Il sentimento di vivere portando me stesso nel mondo, non tanto per essere ricordato, quanto per partecipare a una costruzione collettiva di ciò che è buono è vero è bello che fa ridere e piangere (caspio quanto son presuntuoso). Il punto è che io non ho, concretamente, altri svaghi – che ne so: uno sport, il cinema, il teatro, l'associazionismo, il bricolage, ecc. - così mi sono detto: devo trovare e provare qualcosa in cui esprimere me stesso, devo cercare una specie di artigianato, di sforzo quotidiano di pensiero.
Io, un giorno, non ricordo bene quando (verso i 15-16 anni) ho deciso che leggere libri era importante.
Poi per imitazione emulazione mi sono messo a scrivere. Mi scappavano versi. Ne ho scritti, li ho letti anche in pubblico. Poi mi piaceva molto avere una corrispondenza, sia con le donne amate, sia con gli amici. Ho cercato sempre di scrivere cercando sempre occhi, orecchi, mani che mi potessero leggere.
Non ho mai pubblicato un libro, anche perché non ho alcun libro nel cassetto.
Poi un giorno, alla mia prima e unica esperienza politica di consigliere comunale di minoranza, subentrato in consiglio come primo non eletto dopo la morte del nostro capolista, come solo compito politico vero che mi sono dato per tenere in piedi la nostra piccola lista civica di sinistra, laica, certo fuori dai partiti (anni 1993/94/95 se non ricordo male), iniziai a tenere una bacheca pubblica sotto i portici del mio paese, ove non scrivevo mica cose inerenti al consiglio comunale e amministrativo. No, scrivevo ciò che pareva a me: stampavo a casa gli aforismi di Karl Kraus, appiccicavo le vignette di Altan o di Bucchi, riportavo un pensiero di Ceronetti... insomma tenevo una specie di blog antelitteram poco virtuale e poco tecnologico (ricordo ancora la combinazione del lucchetto per aprire la bacheca: 6969). E mi ricordo come l'indomani alcuni compaesani si compiacevano con me di quello che avevo riportato; così costringevo alcuni di loro (pochi, pochissimi per la verità) a leggere quasi ogni giorno cosa avevo messo su in bacheca tra i miei Aforismi del Leone (Il Leone... era il nome della nostra Lista).
Ecco, quando dopo la titubanza iniziale ho provato, sul finire del 2007, ad aprire un blog, avevo quello stesso spirito (nel tentativo di emulare la rubrica Oggi che Guido Ceronetti teneva su La Stampa). Esserci così nel mondo questa volta, non solo in una piccola cittadina di provincia.
Quanto ci sia riuscito o ci stia riuscendo non lo so. So solo che per me è importante essere qui. Mi fa sentire bene. Vivo. Mi estende. L'io esteso. Disteso. Nel senso che mi distende essere un blogger, un umbratile hombre vertical.
11 commenti:
Eh. Io al liceo, sul diario, invece di scriverci i compiti ci mettevo piccoli raccontini, pezzi satirici, aforismi pescati qua e là. Era una specie di blog ante litteram e i compagni se lo leggevano di nascosto durante la lezione. Qua sulla rete faccio la stessa cosa: mi diverto. Non sono capace di farne a meno. Quindi ti capisco benissimo. :-)
Ha ragione Malvino. Semplicemente.
@ Galatea.
Sono onoratissimo di essere in sintonia con la più intelligente (e sexy) blogger italiana.
:-)
@ Sam
Avere come mentore Malvino è una cosa che ancor non mi raccapezzo.
Io infatti ti cerco, come cerco Formamentis, come cercavo Ceronetti sulla Stampa.
Caro Luca, non mi aspettavo cosi tanto da quella domanda, sei stato gentilissimo e allo stesso esauriente nel rispondermi. La mia vicenda di blogger invece parte non tanto dalla scrittura quanto dalla voce, ti ricordi quando le radio erano davvero libere, ebbene anche io ho fatto parte di quel far west, e la passione per la comunicazione l'ho trasferita in uno spazio come i blog, che ancora ritengo libero, speriamo lo rimanga ancora a lungo.
Uh, bello :-)
Vedi la differenza fra me (un ingegnere) e te (un letterato). Io mi sarei limitato a dire che scrivere è uno sfogo. Tu invece hai scritto
"Mi estende. L'io esteso. Disteso. Nel senso che mi distende essere un blogger, un umbratile hombre vertical."
Sei un grande, continua così!
Avete ragione tutti! Va bene?
Grazie a tutti voi
@ Popinga:
lo sai che dalle mie parti si dice spesso "la ragione la piglian sempre i bischeri"?
:-)
Cavolo ti ho risposto di fretta dall'ufficio, cosa che non faccio mai, la foga del voler essere presente mi ha spinto. Spero di recuperare presto su quanto hai detto con un post da me.
Bloggare distende, bloggando si impara, bloggando si estende...la rete di contatti, che credo siano piuttosto fragili, nonostante tutto.
Si comunica. Comunico, dunque sono. Non lasciamo graffiti sulle rocce, ma post, per chi vuole leggerli. Un sasso in uno stagno, che non si riempie mai, perchè è vasto quanto il mondo.
Condivido il tuo modo di esprimerti. Mi piace leggere qualcosa di personale e vero, qui, nel regno virtuale, dove tutto ha la consistenza di un'onda tra i miliardi di onde, mai uguali tra loro.
Bello cogliere il flusso di persone come te.
Posta un commento