al nostro tirannello S.B.
«Un uomo vendeva grida di parole, e gli affari gli andavano bene anche se troppa gente discuteva i prezzi e chiedeva uno sconto. L'uomo lo concedeva quasi sempre, e così poté vendere molte grida di venditori ambulanti, qualche sospiro molto richiesto da signore ben rimpannucciate, e parole d'ordine, slogans, intestazioni e falsi motti.
Poi, l'uomo venne a sapere ch'era scoccata l'ora e chiese udienza al tirannello del paese che somigliava a tutti i suoi colleghi e che lo ricevette attorniato da generali, segretari e tazzine di caffè.
– Sono venuto per venderle le sue ultime parole, – disse l'uomo. – Sono molto importanti, tanto più che da sole non le verranno al momento giusto e invece le converrà pronunciarle nell'istante del duro passo per riuscire a configurare facilmente una missione storica retrospettiva.
– Traducete quel che dice, – ordinò il tirannello all'interprete.
– Ma se parla la nostra lingua, Eccellenza.
– Nella nostra lingua? E perché non capisco una parola?
– Ha capito benissimo, – disse l'uomo. – Ripeto che sono qui per venderle le sue ultime parole.
Il tirannello si alzò com'è di prammatica in questi casi, e reprimendo un brivido ordinò che l'uomo fosse arrestato e rinchiuso in una delle celle speciali che non mancano mai in certi ambienti governativi.
– Peccato, – disse l'uomo mentre lo portavano via. – Lei vorrà sicuramente dire le sue ultime parole quando sarà arrivato il momento, ne avrà bisogno per configurare facilmente una missione storica retrospettiva. Quel che ero venuto a venderle è quanto lei vorrà dire, per cui non c'è imbroglio. Ma siccome non ci sta a combinare questo affare; siccome non imparerà mai da solo e in anticipo quelle parole, quando sarà arrivato il momento che dovranno uscirle di bocca per la prima volta, naturalmente lei non potrà dirle.
– Perché non potrò dirle, se sono quelle che dovrò volere dire? – domandò il tirannello già alle prese con un'altra tazza di caffè.
– Perché la paura glielo impedirà, – disse tristemente l'uomo. – Dato che si troverà con una corda al collo, in maniche di camicia e tremante di terrore e di freddo, le batteranno i denti e non potrà articolare una sola parola. Il carnefice e i sottosegretari generali, fra i quali indubbiamente qualcuno dei signori presenti, aspetteranno per dignità un paio di minuti, ma quando dalla sua bocca non uscirà che un gemito inframmezzato da singhiozzi e suppliche (perché queste, sì, le pronuncerà senza sforzo) allora perderanno la pazienza e l'impiccheranno.
Molto indignati i sottosegretari generali e specialmente i generali si fecero attorno al tirannello insistendo che l'uomo fosse fucilato all'istante. Però il tirannello pallido-come-un-cadavere li sbatté fuori a spintoni e si chiuse con l'uomo per comprargli le sue ultime parole.
Frattanto i generali e i sottosegretari, umiliatissimi per il trattamento subito, organizzarono una rivolta e il giorno dopo fecero prigioniero il tirannello mentre stava mangiando l'uva nella sua pergola preferita. Perché non potesse pronunciare le sue ultime parole lo soppressero subito con un colpo di rivoltella. Poi si lanciarono alla ricerca dell'uomo, che era scomparso dalla casa del governo, e non tardarono a trovarlo al mercato, essendoci andato per vendere richiami di saltimbanchi. Chiuso in un cellulare lo portarono nella fortezza e lo torturarono affinché rivelasse quali avrebbero potuto essere le ultime parole del tirannello. Non riuscendo a strappargli alcuna confessione, lo ammazzarono a calci.
I venditori ambulanti che gli avevano comperato le grida continuarono a gridarle ad ogni angolo di strada, ed una di esse servì in seguito da grido della controrivoluzione che spazzò via i generali e sottosegretari generali. Alcuni prima di morire pensarono confusamente che in realtà tutto non era stato altro che una stupida catena di confusioni, e che le parole e le grida erano cose che a rigore, si possono vendere ma non comperare, anche se ciò pare assurdo. E andarono tutti a farsi benedire, il tirannello, l'uomo, e i generali e i sottosegretari generali, ma le grida echeggiavano di quando in quando agli angoli delle strade».
Julio Cortàzar, Storie di cronopios e di fama, Buenos Aires 1962 (trad. di Flaviarosa Nicoletti Rossini, Einaudi, Torino 1971).
Nessun commento:
Posta un commento